Corriere di Bologna

LA NUOVA STRADA PER I DEM

- Di Enrico Franco

Il «campo largo» è il nuovo mainstream della politica. Il governator­e Stefano Bonaccini non ne è immune e non potrebbe essere altrimenti: la grande prateria rossa dell’EmiliaRoma­gna si è ristretta sempre più e ormai rischia di diventare un orticello. Il presidente non dimentica di essere arrivato al comando della Regione nel 2014 con un’elezione che ha visto una percentual­e di affluenza alle urne del 37,71%; sa inoltre che molti di quanti allora disertaron­o le urne e anche parte di quanti gli diedero la preferenza hanno poi scelto, alle politiche dello scorso marzo, il centrodest­ra o i Cinquestel­le; pure alle sue orecchie, infine, giungono le voci di chi prevede che alla prossime regionali l’ex roccaforte comunista possa essere espugnata. Se le fonti che alimentano il serbatoio del consenso si vanno inaridendo, insomma, è d’obbligo trovarne altre.

Con i grillini c’è poco da discutere, e non solo perché non sono disponibil­i a stringere alleanze. «Mi ha colpito un dato culturale, prima ancora che politico — ha detto Bonaccini — Quando parliamo di dignità, io e Di Maio abbiamo in testa due cose diverse, senza dubbio entrambe rispettabi­li: lui pensa a un reddito purchessia, io penso al lavoro che rende autonoma ogni persona». È comprensib­ile: la nostra è una terra operosa, uno dei perni del nuovo triangolo industrial­e italiano, dove da sempre produzione e solidariet­à sono andate di pari passo, fondendosi in una buona amministra­zione pragmatica.

Non un supermerca­to, ma il luogo dell’accoglienz­a e del dialogo. S’intitola così la lettera aperta (per la precisione la seconda) al sindaco Virginio Merola e al soprintend­ente Cristina Ambrosini, e per conoscenza al ministro dei Beni Culturali Alberto Bonisoli, inviata da un folto gruppo d’intellettu­ali, studiosi, autorevoli architetti, giuristi, critici d’arte.

Tutti contro il punto di vendita Conad, con tanto di ristorazio­ne, che dovrebbe prendere il posto di un istituto bancario nello storico edificio del Monte di Pietà adiacente alla Cattedrale di San Pietro. Dopo l’appello del 13 giugno e la raccolta di 1800 firme, ieri nuova assemblea pubblica indetta dall’Accademia Clementina nell’Aula Magna di via Belle Arti. Al tavolo quattro nomi di peso in città, Fabio Roversi Monaco, presidente della Clementina, i critici d’arte Eugenio Riccomini e Andrea Emiliani, l’architetto Pier Luigi Cervellati: tutti insieme per ribadire con forza il «no» a un uso non compatibil­e con la storia dell’edificio nato per ospitare il Monte di Pietà, perseguend­o valori solidarist­ici.

La richiesta a sindaco e soprintend­ente è di tenere applicare l’articolo 20 della legge 42 del 2004 del codice dei Beni Culturali che vieta «un uso non compatibil­e con il carattere storico (del bene)», come dice anche Italia Nostra con Jadranka Bentini e l’avvocato Giulio Volpe. «È il caso del supermerca­to. Non m’interessa com’è il progetto, è una questione di compatibil­ità. Lì dovrebbe svolgersi attività legate alla solidariet­à, alla cultura, al sapere». Non la pensa così la proprietà dell’immobile, il fondo comune d’investimen­to Omicron Plus con sede a Roma e legato alla Dea Capital, società legata al Demanio che deve fare profitto: se con il cibo, un negozio di scarpe o, chissà, con una banca non è importante, quello che conta è «rientrare» dell’investimen­to, intorno ai 6 milioni di euro, dei quasi 1000 metri quadri venduti da Unicredit. Facciata sotto il portico senza insegne a parte i tendoni con la scritta «Sapori e dintorni», un ingresso che darà su un bancone bar e ristorante, mentre il mercato (di livello) sarà dietro con tre ingressi su via Donzelle, poi uno spazio eventi e gli uffici. La pratica in soprintend­enza è ancora aperta, le prescrizio­ni di tutela sono state comunicate, il nulla osta però non è ancora partito.

In realtà il «boccino» in mano (per bloccare l’operazione) ce l’ha il sindaco, anche dando via a quel Decreto Unesco promesso mesi fa, durante l’affaire Diana, dall’assessore Aitini e non ancora applicato (come invece ha fatto Firenze da tempo). «Gli strumenti ce li ha, deve usarli altrimenti la città continuerà a sfasciarsi e spopolarsi: serve un monte di idee alternativ­e alla speculazio­ne».

” L’avvocato Volpe Non m’interessa com’è il progetto, è una questione di cosa è compatibil­e con questo luogo Lì dovrebbe svolgersi attività legate alla solidariet­à, alla cultura

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La riunione Intellettu­ali, studiosi, giuristi, critici d’arte e architetti si sono ritrovati ieri nell’Aula Magna dell’Accademia delle Belle Arti per fare fronte comune contro il progetto di un supermarke­t Conad in via Indipenden­za, proprio accanto alla cattedrale di San Pietro. Si appellano al sindaco e alla soprintend­enz a perché lo blocchino

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