Merola accusa: il flop delle fusioni è colpa del Pd
DOPO IL NO AI REFERENDUM
Il sindaco Virginio Merla punta il dito contro il Pd per il flop alle fusioni tra Comuni che sono state bocciate dai referendum di domenica. «Io non ho visto nessuna iniziativa di partito: o ci diamo una mossa, o navighiamo in acque sbagliate», avverte il primo cittadino, che chiede al partito di tornare in mezzo alla gente. Proprio quando il Pd, soprattutto a Bologna, è più impegnato a dibattere su chi sarà il prossimo segretario dopo le dimissioni di Francesco Critelli: «Optare per il vicesegretario, come si è fatto con Martina dopo Renzi, era la scelta più naturale, invece è un puro delirio».
Intanto, dopo aver celebrato come un segnale politico il tonfo delle fusioni spinte dal Partito democratico, la Lega di Matteo Salvini festeggia il sondaggio Ipsos pubblicato ieri dal Corriere della Sera che la fotografa al 32,6%, prima forza politica nel CentroNord: Emilia-Romagna inclusa. «Abbiamo sbancato nelle regioni rosse, l’anno prossimo lo dimostreremo al voto», scommette il capogruppo Alan Fabbri. Mentre il segretario regionale del Pd, Paolo Calvano, smonta gli entusiasmi leghisti: «I voti si contano nelle urne».
Dopo i sindaci delle fusioni fallite, Granarolo-Castenaso e Malalbergo-Baricella, anche Virginio Merola punta il dito contro il Pd per il flop ai referendum di domenica (solo tre dei sette progetti di fusione in regione sono andati in porto). «Io non ho visto nessuna iniziativa di partito — accusa Merola — o ci diamo una mossa, o navighiamo in acque sbagliate». Intanto, dopo aver celebrato come un segnale politico il tonfo delle fusioni, la Lega festeggia il sondaggio Ipsos che la fotografa al 32,6%, prima forza nel Centro-Nord. «Abbiamo sbancato nelle regioni rosse, l’anno prossimo lo dimostreremo al voto», dice il capogruppo Alan Fabbri. Mentre il segretario regionale del Pd, Paolo Calvano, smonta gli entusiasmi leghisti: «I voti si contano nelle urne».
Non è stato tenero il bilancio fatto da Merola sul tonfo delle fusioni che sono andate al voto domenica. «In Valsamoggia abbiamo vinto perché tutti si sono dati da fare», ricorda il sindaco durante un incontro con gli iscritti del circolo dem Murri. Certo, oggi l’aria è cambiata. E bisogna fare i conti con «un’onda contraria, tutto quello che viene proposto da forze come il Pd — sottolinea Merola — viene fatto passare come una proposta di elite o che appartiene al passato». Ma non basta a spiegare l’insuccesso di fusioni dove «è andato a votare il 43% e il 75% ha detto no». E così, nonostante il segretario Calvano abbia invitato tutti a «non scaricare la colpa gli uni sugli altri in casa nostra», il primo cittadino si aggrega al j’accuse arrivato dai colleghi amministratori. «Io non ho visto nessuna iniziativa di partito nel comune di Granarolo o di Malalbergo, quindi o ci diamo una mossa, ci rimettiamo in sesto — insiste Merola — e riprendiamo il gusto della battaglia politica, di parlare con le persone in carne ed ossa e non solo con Twitter o Facebook, oppure navighiablema mo in acque sbagliate, perché dal punto di vista logico non ha un cavolo di senso dire no alla fusione».
«Abbiamo un problema culturale, di battaglia politica e di avere il coraggio delle nostre azioni — affonda il colpo il sindaco metropolitano — perché non si è mai visto che si indice un referendum e a fare la campagna elettorale sono i due sindaci, con i loro assessori. Abbiamo un prosegretario interno di discussione e dovremo affrontarlo prima o poi». Impossibile non pensare che l’obiettivo di Merola sia anche Francesco Critelli, il segretario del Pd di Bologna dimissionario dopo le polemiche sul suo doppio ruolo (in Parlamento e in Federazione) e sulla gestione del partito. E non a caso Merola parla anche della battaglia in corso sulla segreteria. «Che una parte proponga di fare il vice- dell’attuale segretario e un’altra dica di no, senza fare un congresso vero, è un puro delirio», avverte Merola, che considera la nomina di Luigi Tosiani la scelta più ragionevole: «Proprio come si è fatto con Martina a livello nazionale dopo Renzi».
I segnali anti Pd arrivati sulle fusioni sembrano però confermati anche dagli ultimi sondaggi. Secondo la rilevazione Ipsos pubblicata ieri dal
Corriere della Sera, nelle quattro regioni del CentroNord (Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Marche) la Lega di Matteo Salvini viaggerebbe ormai al 32,6%, primo partito, contro un Pd fermo al 24% e un M5S in calo al 22,6%. Secondo un’elaborazione interna alla Lega, addirittura, il partito del ministro dell’Interno sarebbe al 36,3% in EmiliaRomagna. Ma bastano i numeri garantiti da Ipsos sul Centro-Nord a galvanizzare i leghisti. «Siamo sempre di più l’azionista di maggioranza dei partiti di centrodestra — rivendica il capogruppo Alan Fabbri — e questa cosa ci responsabilizza per ottenere il miglior risultato possibile alle elezioni del prossimo anno. Salvini è il nostro traino nazionale, ma qui ormai siamo strutturati». Entusiasmi spenti dal segretario regionale del Pd, Paolo Calvano. «L’esperienza mi ha insegnato che i voti si contano nelle urne». Il dato sul Centro-Nord «non mi sorprende, come non ci sarà da sorprendersi se nel voto locale assisteremo a ribaltamenti rispetto a quello nazionale. Noi — conclude Calvano — continuiamo a lavorare con l’impegno che Bonaccini in primis e noi tutti stiamo mettendo per costruire un progetto per il futuro dell’Emilia-Romagna e dei suoi cittadini».