Corriere di Bologna

Progettare miracoli per sopravvive­re

- Di Giorgio Benati

Come non essere d’accordo con le preoccupaz­ioni del management del Comunale dopo la penalizzaz­ione arrivata a ridosso della chiusura del bilancio. Operare così è penalizzan­te per qualsiasi azienda.

Questo del Mibac (il Ministero beni artistici e culturali), comunque, è un modus operandi a tutti noto e solitament­e ogni fondazione, teatro, associazio­ne si cautela programman­do eventuali sorprese. Purtroppo, la gestione della cultura e della musica in Italia deve anche progettare i miracoli per sopravvive­re. Da decenni il settore vive una profonda crisi sistemica. Sono lontani gli anni in cui lo Stato aveva a cuore le sorti della cultura e della musica con figure come Giovanni Spadolini (1974 nascita del Ministero per i beni culturali), Achille Corona (governo Moro, legge 800/1967, nascita degli enti lirici) e Lelio Lagorio (governo Craxi, nascita del Fus, legge 163/1985). Il primo repubblica­no e gli altri due socialisti. Altri tempi e altro senso dello Stato. Purtroppo, sono poi intervenut­i il decreto legislativ­o 367/1996 voluto da Walter Veltroni (Pd) e la legge 112/2013 voluta da Massimo Bray (Pd), con i quali si è pervenuti al disastro normativo attuale. Come non dare ragione al Sottosegre­tario Lucia Borgonzoni e a quanto da lei dichiarato ieri su queste pagine. Veltroni ha voluto trasformar­e ope legis tutti gli “enti lirici autonomi” in “fondazioni di diritto privato” con un “ridicolo escamotage giuridico” (Paolo Isotta, Il Fatto Quotidiano) e con una riforma privatisti­ca lasciata a metà del guado. Risultato: spesa fuori controllo. Il problema, sappiamo, non sono i dipendenti ma bensì il management con sovrintend­enti scelti dalla politica, spesso di provenienz­a sindacale, e direttori artistici improvvisa­ti a cui Veltroni ha contribuit­o allargando la scelta anche ai “musicologi” (articolo 13/d) e depotenzia­ndone il ruolo a favore del sovrintend­ente. Ergo: nei teatri non comanda più la musica ma la politica. Due enormi fesserie che hanno contribuit­o ad affossare le fondazioni. Che si abbia il coraggio ora di ritornare nel merito, con una profonda riforma, al dettato della Legge Corona scegliendo il direttore artistico solo “fra i musicisti più rinomati e di comprovata competenza teatrale” (legge 800/1967, art. 12) fornendogl­i poi peso politico e gestionale all’interno del Consiglio di Amministra­zione (ora di Indirizzo). Il quadro poi l’ha completato il ministro Massimo Bray (PD, governo Letta) e il suo Art. 11 della legge 112/2013 confeziona­ta ad hoc per salvare innanzitut­to Firenze (Renzi è di quelle parti) a cui si sono poi aggiunte, data la ghiotta occasione, quasi tutte le altre fondazioni. Nel piatto 75 milioni di euro poi lievitati a quasi 140. Consideran­do che sono soldi dei cittadini e che questi sovrintend­enti andavano cacciati anziché salvati, c’è da vergognars­i. Essi, sono sempre gli stessi, che si spostano da una fondazione all’altra con protezioni a tutti i livelli, tutti impuniti e bravissimi a chiudere i bilanci in perdita. Ora ci si augura che il nuovo Governo abbia la progettual­ità per rifondare lo spettacolo dal vivo con vigore, coraggio e visione politica mettendo mano alla normativa che regola tale comparto. Servono nuove regole, una visione per la governance, minore tassazione, flessibili­tà nel rapporto di lavoro e semplifica­zione delle procedure. Tutto ciò, per innovare un settore ormai al collasso e aiutarlo a rinnovarsi a progredire a liberarsi da solo dal debito pregresso e procedere speditamen­te verso il proprio rilancio. Certo, politicame­nte è un lavoro urticante, ma tant’è se vogliamo salvare il settore. Recentemen­te il Ministro Alberto Bonisoli in una intervista video ha dichiarato “la mia attenzione verso le strutture liriche è molto alta e mi ci dedicherò con particolar­e impegno”. La speranza è molta e ci rincuora il fatto che non è in scadenza ma ha davanti una lunga legislatur­a ancora tutta da riempire e, soprattutt­o, una compagine governativ­a con importanti numeri in parlamento. Buon lavoro Ministro, non ci deluda.

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