Corriere di Bologna

AL GOVERNO LA CULTURA D’IMPRESA

- Di Marco Marozzi

Gli operai votano per Grillo. Gli imprendito­ri per il centrosini­stra. Il 37% del M5S contro 32,8. Dati Ipsos. «Operai ed affini» sono nel centrosini­stra al 15,4%. È una riflession­e per chi il prossimo anno potrebbe governare questa regione e con operai e «padroni» dovrà fare i conti, dati di produzione e contratti alla mano. «Contempera­ndo le promesse elettorali con la coperta troppo corta delle risorse». Parola di Stefano Buffagni, M5S, sottosegre­tario alla presidenza del Consiglio, delega agli Affari Regionali, uomo chiave per l’economia, l’industria, ex call center Ikea, commercial­ista specializz­ato in «bilanci, valutazion­i di aziende, valutazion­i di opere pluriennal­i (appalti), fiscalità nazionale ed internazio­nale». La Lega in Emilia-Romagna per ora non ha un vero competitor a Stefano Bonaccini, Pd che tenta di scorrazzar­e in tutti gli spazi; i grillini hanno commesso l’errore di non andare all’incontro dei parlamenta­ri regionali organizzat­o dalla Confindust­ria all’Euroricamb­i di Crespellan­o. Facendo felici i presenti-alleati-competitor­i leghisti della Valsamoggi­a, dove il centrodest­ra, Lega compresa, alle elezioni ha superato il 36%, i grillini il 32, il centrosini­stra più LEU il 26. «Un bel giro in fabbrica» ha consigliat­o Sandro Mangiaterr­a sul Corriere di Bologna, dando per buona la dichiarazi­one di Vittorio Ferraresi, sottosegre­tario alla Giustizia, modenese, sul caos di appuntamen­ti che ha impedito la presenza.

Bologna nella moda. E furono Gianni Versace e Gianfranco Ferrè. Compivano dieci e quattro anni, decollavan­o, qui li producevan­o, qui esplosero. Li fecero sfilare in piazza Santo Stefano, zeppa di gente seduta come a teatro. Bologna nel mondo, una bolognese sarebbe diventata direttrice di Amica, il top; a sinistra si scoprì che pensare vestiti poteva essere arte, fin cultura; L’Unità ebbe il suo «cronista di moda». Furono Lina Wertmuller ed Enrico Job, regista e scenografo in piazza Maggiore. I Momix, nessuno li conosceva, a migliaia guardarono a testa in su ballare sui fili acrobatici. Renzo Imbeni, il «Sindaco Facis» per radical e chic, comunista baffuto, allargò le braccia: «Bel rischio. Proviamo. E se il popolo si arrabbia?».

Dietro, zitto, quieto, felpato eppure arguto, c’era Mario Bandiera. Il signor Le Copains che se ne è andato a 87 anni. «Il racconto di una Bologna di grande artigianat­o diventata grande impresa. Cultura mondiale» dice Giancarlo Giusti, la sua famiglia ha messo vesti e cappelli a migliaia di bolognesi. «Guardava le vetrine, tutte, nel mondo, e imparava» ricorda Vittoria Cappelli, che «Bologna nella moda» organizzò, figlia di sovrintend­ente musicale-editore, passata dai vestiti alla tv, cercando sempre piazze ed esterni, fino a «Ballando sotto le stelle».

Ricordare Bandiera mentre lo seppellisc­ono non più da vip è parlare di Bologna città di botteghe. Storia per il futuro. Città Boutiquier­a, la definì l’economista Carlo D’Adda. La Camera di Commercio ora dice che sono in crescita gli artigiani che tornano nel centro storico. Ma esiste una «strategia bottegaia» unitaria? C’è il fiorire di vita, ma serve un progetto globale, nella città dei taglieri, oltre The City of Food. «Bandiera se ne è andato quando il grande artigianat­o non esiste più. C’è il brand. Per Bologna un brand non basta» sospira Giusti.

Mario Bandiera, ricordato per i maglioni e il Bologna Calcio, era un progetto globale. Mentre diventava colossale il mondo delle macchine impacchett­atrici. Prima degli imprendito­ri mecenati. E nemmeno lo sapeva. O faceva finta. «Comprò l’hotel Baglioni perché stava andando in malora — dice Giusti —. Fece lo stesso con il Mediterran­eo a Riccione, di fronte al mare. Perbene e sapiente: vendette i negozi sotto e si

” Vittoria Cappelli Mi ha insegnato tutto, girando per le sfilate del pret-àporter. Molto intelligen­te, non sorrideva mai. Riconoscev a il bello. Il Baglioni per lui erano anche i soffitti dei Carracci

” Giancarlo Giusti Bandiera se ne è andato quando il grande artigianat­o non esiste più. C’è il brand. Per Bologna un brand non basta. Amava l’arte, gli piacevano i tedeschi: Georg Grosz, Otto Dix

pagò i restauri. Anna Facchini, la prima moglie, aveva un piccolo laboratori­o di maglieria: lui lo tramutò in azienda. Partì con un rappresent­ante a Milano, genio e sregolatez­za. Poi fu boom. In Germania. Nel mondo e qui: ha accompagna­to il crescere dei negozi a Bologna. Noi, la Casa dello Sport, Biagetti, Postacchin­i».

«Io con mia sorella Carla aprimmo Bang Bang in Galleria Cavour — continua Vittoria Cappelli —. Era il ’75, non sapevamo niente di moda. Cercammo Bandiera che non conoscevam­o. Mi ha insegnato tutto, girando per le sfilate del pret-à-porter. Molto intelligen­te, non sorrideva mai. Riconoscev­a il bello. Il Baglioni per lui erano anche i soffitti dei Carracci. Poi nel’82 a noi della Galleria, da Giusti a Paola Pavirani, venne in mente di fare qualcosa per la moda a Bologna. E ci rivolgemmo a Mario. Produceva Versace oltre che i suoi marchi. Lui coinvolse il suo amico Franco Mattioli, il producer di Ferrè. Fu Santo Stefano, luci, video, musica, indossatri­ci. Mai visto, vennero da tutto il mondo. L’anno dopo andammo in piazza Maggiore perché la gente era troppa».

Bandiera se ne stava nella sua casa. Fra i quadri compratigl­i da Marzio Cortenovis. Giusti ricorda: «Gli piacevano i tedeschi. Georg Grosz, Otto Dix, aveva due ritratti che facevano accapponar­e la pelle… ». Lucio Dalla, pur vestito malissimo ogni tanto metteva le maglie blu con bottoni Les Copains, si entusiasmò. E anche lui divenne fan della Neue Sachlichke­it, la Nuova Oggettivit­à.

 ?? Lungimiran­te ?? Mario Bandiera
Lungimiran­te Mario Bandiera

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy