Strage, una perizia per decrittare i codici dell’agenda di Cavallini
Si cerca la verità sulla strage nelle agende con numeri e nomi in codice sequestrate ai Nar Stefano Soderini e Gilberto Cavallini. Ieri al processo dinanzi alla Corte d’Assise, hanno giurato i periti informatici incaricati dal presidente Michele Leoni di decriptare i contenuti dei due documenti: nomi e parole apparentemente senza significato, anche liste della spesa, in quella di Soderini; sequenze alfanumeriche, con cifre che ritornano, in quella di Cavallini, imputato per concorso nella strage alla stazione. «Ho aiutato Cavallini ad espatriare in Francia nell’81 attraverso il valico di Claviere», ha dichiarato ieri Mauro Ansaldi, 61enne ex esponente torinese di Terza Posizione poi diventato collaboratore di giustizia, chiamato sul banco dei testimoni. Ha raccontato del supporto logistico che lui e Paolo Stroppiana, altro noto terrorista nero, offrirono ai fuggitivi: «Conoscevamo i valichi di montagna, sapevamo sciare. Ci arrivava una telefonata in codice, prelevavamo le persone alla stazione di Torino, prendevamo un treno per la Val di Susa e poi in macchina superavamo il confine. Partivamo in un convoglio di auto, così se la prima veniva fermata a un posto di blocco, la seconda riusciva a superare e a proseguire. Abbiamo fatto espatriare almeno 50 o 60 persone». Ansaldi ha inoltre ribadito di aver saputo da Jeanne Cogolli, estremista vicina a Ordine Nuovo, che il veneto Massimiliano Fachini l’aveva avvisata di lasciare Bologna pochi giorni prima del 2 agosto 1980. Versione sempre smentita da Cogolli, anche nella scorsa udienza in cui ha testimoniato.Dopo la strage si creò una spaccatura tra Terza Posizione e i Nar, dovuta ai sospetti di rapporti con i servizi segreti e la P2 che aleggiavano su Giusva e Cavallini. «Adinolfi mi disse che aveva le prove di almeno tre incontri in un ristorante di Roma tra Aldo Semerari, Paolo Signorelli e Licio Gelli»: il «Professore nero», l’ideologo del neofascismo e il Venerabile maestro sarebbero stati in contatto anche con Fioravanti. «Mangiameli si era convinto che dietro di lui c’erano le stesse trame nere che c’erano dietro la P2» ha dichiarato Ansaldi. Francesco Mangiameli, leader di TP insieme a Gabriele Adinolfi e Roberto Fiore, fu ucciso proprio dai fratelli Fioravanti a settembre 1980.Nella prossima udienza è prevista la testimonianza del leader di Forza Nuova Fiore, che, latitante a Londra fino al 1999, riferirà per la prima volta in un’aula di giustizia italiana su quanto sa di quegli anni e della strage.