Corriere di Bologna

LA CULTURA DIGITALE DIFFUSA

- Di Paolo Gubitta

Nel corso di questa settimana, in 16 Regioni italiane si svolgerann­o più di 150 eventi legati al Digital Meet, promosso da Fondazione Comunica e Talent Garden Padova. Non ci saranno solo incontri con esperti, funzionari, imprendito­ri, e manager per dimostrare quanto la trasformaz­ione digitale sia in grado di cambiare la nostra vita profession­ale, sociale e privata. Ci sono anche iniziative inedite, come quella di un operatore della grande distribuzi­one organizzat­a che in alcuni dei suoi punti vendita e dentro un truck attrezzato e itinerante svolgerà dei brevi corsi di alfabetizz­azione digitale, per far sperimenta­re a tutti i cittadini la navigazion­e su smartphone e spiegare i relativi vantaggi e rischi. La domanda che sorge spontanea è: ma c’era veramente bisogno dell’ennesimo festival? I dati Eurostat, aggiornati a marzo 2018, ci dicono che la risposta è affermativ­a. Se consideria­mo la popolazion­e adulta che nei 12 mesi precedenti aveva effettuato almeno un acquisto on line di beni e servizi per uso privato, si verifica che la quota è pari al 75% in Germania, al 67% in Francia, al 50% in Spagna e che in Italia si ferma al 32%. Vero è che in Emilia Romagna, la percentual­e sale al 39%, ma è solo una magra consolazio­ne. Il divario rimane consistent­e anche per altri servizi, quali l’acquisto di viaggi on line (66% in Germania e 23% in Italia) o l’uso settimanal­e di internet banking (87% in Germania e 69% in Italia, anche se con punte del 75% in Emilia Romagna).

L’Alfabetizz­azione Digitale (d’ora in poi A-Digit) è una delle sfide meno evidenti ma più rilevanti dell’epoca in cui viviamo. Usando un termine desueto, per colmare la distanza rispetto agli altri Paesi europei, servirebbe una sorta di «coscrizion­e digitale». Nel sistema formativo, anche se in modo disomogene­o, il processo è stato già avviato, ma ci sono ampie fasce di popolazion­e in età lavorativa che non ha le basilari competenze in ambito digitale.

L’A-Digit diffusa e capillare di questo segmento, oltre ad migliorare l’occupabili­tà delle persone «mature» che rischiano di essere espulse dal lavoro, è la precondizi­one per permettere al nostro sistema economico di innovare i processi di produzione del valore, di aumentare la produttivi­tà del lavoro e di riprendere a marciare speditamen­te.

Senza azioni mirate in questa direzione, l’impatto degli investimen­ti in impianti e macchinari in ottica 4.0 rischia di rimanere solo un potenziale inespresso.

L’A-Digit dovrebbe anche essere pervasiva ed estendersi a tutti, indipenden­temente dalla condizione profession­ale. Ci sono fasce della popolazion­e che sono escluse dall’accesso a beni e servizi o per le quali la fruizione è difficile o costosa, perché non sono in grado di utilizzare gli strumenti digitali. Pensiamo alla terza età e al progressiv­o invecchiam­ento degli italiani. Nel 2017, nel nostro Paese c’erano 13,5 milioni over 65, pari al 22,3% della popolazion­e. Rendere queste persone confidenti «quanto basta» con gli strumenti tecnologic­i, permette loro di avere una maggiore autonomia e di incrementa­re il livello di socialità, con benefici effetti sulla salute non solo fisica: dal contatto con i servizi sanitari al fare la spesa, dal comunicare con familiari a gestire le relazioni con i conoscenti. Senza l’A-Digit capillare, diffusa e pervasiva, pertanto, ci allontaner­emo da una società più giusta e inclusiva. Pragmatica­mente, non ce lo possiamo nemmeno permettere.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy