Allarme reddito di cittadinanza
I tecnici devono anche capire come armonizzare la nuova misura con quella già in vigore da Piacenza a Rimini La Regione dopo il primo incontro con Di Maio: «Tempi strettissimi per poterlo applicare»
Il primo incontro con il ministro Di Maio sul reddito di cittadinanza alla presenza di tutte le Regioni, ha convinto l’EmiliaRomagna dell’impossibilità di mettere in pratica la misura nei tempi auspicati dal governo, cioè prima delle elezioni europee.
«I tempi sono strettissimi», spiega l’assessore Patrizio Bianchi, che snocciola tutti i nodi ancora da sciogliere. E cioè, ad esempio: «Il ruolo e la nuova organizzazione dei centri per l’impiego, la compatibilità del Res con altre misure di sostegno alla povertà già in vigore in alcuni territori».
Nella sede del ministero dello Sviluppo economico martedì scorso Luigi Di Maio ha messo a sedere tutte le Regioni per la prima riunione organizzativa sul reddito di cittadinanza. C’erano anche funzionari e dirigenti dell’Emilia-Romagna, ma l’assessore regionale al Lavoro e alla Formazione Patrizio Bianchi è rimasto deluso da questo primo incontro convocato per fare il punto sui centri per l’impiego, il vero cuore di tutta l’operazione.
«Ci è stata presentata un’ipotesi che a noi è sembrata francamente ancora acerba, perché oltre a sottolineare l’importanza dei centri per l’impiego e a dire che ci sarà un raccordo tra il reddito di cittadinanza e quello di inclusione, mi sembra che si sia detto poco altro e in maniera anche confusa. Mi pare una fase molto immatura», racconta Bianchi. A suo dire ci sono alcuni punti dirimenti che vanno affrontati subito, primo fra tutti chi dovrà erogare il reddito. «Perché se dovremo farlo noi è un conto, se lo dovrà fare l’Inps un altro ancora». E poi c’è la questione della formazione. «Come si integra con questa misura, se è a carico della Regione, dello Stato, se viene pagata con i fondi europei, sono tutte domande ancora senza risposta».
Però, sottolinea Bianchi, il tempo stringe, se è vero che Di Maio vuole far partire il reddito di cittadinanza entro il primo trimestre dell’anno prossimo, e comunque prima delle elezioni Europee. «Il tempo è già passato. Diciamo che entro la fine del mese mi aspetto un secondo incontro dove però sia possibile a grandi linee capire quale deve essere l’apporto dei centri per l’impiego, il tema risorse, e chi si dovrà occupare di cosa».
L’assessore regionale di viale Aldo Moro non si mostra preoccupato per i suoi centri per l’impiego, quanto per quelli delle altre regioni d’Italia, in particolare del Sud. «C’è il rischio di una partenza a macchia di leopardo», dice. I centri per l’impiego in Emilia-Romagna sono stati infatti da poco rafforzati con 120 nuove assunzioni fatte a inizio settembre, 95 previste dal piano del ministero del Lavoro (ma nell’attesa la Regione ha anticipato le risorse attingendo dal Fondo sociale europeo) e 25 con soldi di Viale Aldo Moro. E altre assunzioni sono previste da qui alla fine dell’anno. In tutto sono 464 i lavoratori dei Centri per l’impiego in regione, fino a maggio dell’anno scorso dipendenti delle amministrazioni provinciali e da giugno passati all’Agenzia regionale per il lavoro, e quindi a tutti gli effetti dipendenti regionali. «Noi siamo pronti, e anche molto più avanti degli altri, ma per senso di responsabilità abbiamo bisogno di ricevere una proposta che sia operativa e gestibile».
La Regione non ha ancora calcolato quanti potrebbero essere gli emiliano-romagnoli in grado di ottenere il reddito di cittadinanza, anche perché «non è chiaro ancora chi potrà averlo e chi no», fa notare Bianchi. Per ora Viale Aldo Moro parte dai dati provenienti dalla sua misura anti povertà, il reddito di solidarietà (da 80 a 352 euro al mese) che ha riguardato oltre 8 mila famiglie e 20 mila persone. Da giugno però le cose sono cambiate, perché questo strumento si è integrato con il reddito di inclusione finanziato dallo Stato, ed è cambiata anche la soglia massima di Isee (non più 3 mila come indicava il Res ma 6 mila euro l’anno) e quindi anche la platea è aumentata. Per sostenere questa misura la Regione ha messo a bilancio 35 milioni di euro nel 2019 e fino ad ora non è ancora chiaro se questa somma andrà in parte a sostenere il reddito di cittadinanza oppure no. «Fa tutto parte dell’incertezza — allarga le braccia Bianchi —, per questo chiediamo al governo di fare in fretta».