Inverno, la natura che trattiene il fiato: è l’attesa narrata da Vanoli
Fluisce come un racconto davanti al camino, mentre fuori infuria un vento gelido. «Il silenzio attorno, noi al caldo di un fuoco acceso. È la storia millenaria di una natura che trattiene il respiro». L’ultimo libro di Alessandro Vanoli, storico bolognese quasi cinquantenne, si intitola «Inverno»; edito dal Mulino (pp. 210, euro15), viene presentato oggi alle 18 alla libreria Coop Ambasciatori. È un viaggio nella natura e nella storia che comincia nelle steppe della glaciazione, quando gli uomini si difendevano dal gelo con pesanti pellicce di bisonte, e finisce con Babbo Natale, le canzoni sotto l’albero, la magica attesa dei regali… «L’ho imparata lì, credo, la lezione dell’inverno. Quella della natura sospesa. Gli alberi spogli, come ossa di morti, gli animali silenziosi. A lottare per un cibo che si è fatto scarso. La notte che si fa presenza costante, lasciando al sole poche ore di luci basse sull’orizzonte. Si capiscono allora i dolori degli antichi miti, come quello di Demetra per il rapimento dell’amata figlia Persefone…». Il tono è spesso quello della favola, ma non c’è solo incanto in questo bel libro coinvolgente. Scorrono anche la storia e l’antropologia dell’inverno, dei suoi rigori che nell’antica Grecia attendevano, attraverso vari riti, il ritorno di Persefone, cioè lo sbocciare della primavera. Sentiamo i freddi patiti dalle legioni romane per conquistare il nord, il ghiaccio che gelava l’inchiostro dei copisti nei monasteri del medioevo. Vediamo come alle origini della cristianità viene sovrapposta la data della nascita di Cristo, incerta, alla festa pagana del solstizio, del Sol Invictus; guardiamo San Francesco accende- re un rigido inverno con il presepe di Greccio e la sfilata indiavolata di antichi dei e morti nel carnevale delle maschere. L’inverno è anche rappresentazione figurativa dell’inverno, dal libro delle ore del duca di Berry a Monet. È l’albero illuminato che appare a Lutero, è inverno in Oriente e nell’immensa Russia, è l’«Inverno» musicale delle «Quattro stagioni» di Vivaldi e del «Winterreise» di Schubert, è la lotta con i ghiacci per scoprire nuove terre, è il gelo delle trincee di guerra. L’inverno moderno inizia con la sconfitta dell’armata napoleonica in Russia e diventa veramente odierno con il riscaldamento, con la sensazione di essere sfuggiti alla furia della natura. Il volume è il primo di quattro che racconteranno le stagioni. «L’idea è ripercorrere la nostra storia attraverso il rapporto con la natura – ci spiega l’autore –, provare a dimostrare come le nostre radici non siano locali, ma legate a un’umanità più vasta. L’intento è anche mostrare come abbiamo reinventato le stagioni attraverso la cultura».