Peter Norman, l’uomo stretto tra i pugni «Si nasce uguali e con gli stessi diritti» Al Dams Lab il monologo di Bianchini
L’atleta australiano e quella foto nel 1968
«Datemi uno dei distintivi, sono solidale con voi. Si nasce tutti uguali e con gli stessi diritti». Parole del «terzo uomo», Peter Norman, il giovane velocista australiano che 50 anni fa salì sul podio delle Olimpiadi messicane fra altri due campioni neri dell’atletica, Tommie Smith e John Carlos, giganti con le medaglie al collo e nella storia dei diritti civili. L’immagine immortalata quel 16 ottobre 1968 dal fotografo John Dominis, con i tre atleti sul podio, due dei quali scalzi e col pugno fasciato di nero alzato in cielo e la testa abbassata e Peter con quella spilla dell’OPHR (Olimpic Project for the Human Rights) sul petto più grande di un abbraccio, è diventata una delle foto più famose del Novecento, simbolo delle proteste per i diritti civili dei neri. Una vicenda che si ripresenta ora al grande pubblico col film «Il saluto» del nipote di Norman, Matt, tanti articoli e a Bologna, oggi alle 17 e alle 21 al Dams Lab di piazzetta Pasolini, col monologo «Pugni chiusi» scritto da Maurizio Bianchini, interpretato da Jacopo Trebbi con la regia di Gianni Marras in cui si dà voce al ragazzo australiano. Se la cover del podio l’hanno conquistata i due atleti Usa, è la storia di Norman che torna alla ribalta, fino a ieri oscurata dal rivoluzionario gesto dei due colleghi che non si limitò ai guanti neri. Invece fu Norman a pagare più di loro in patria emarginazione e oblio che lo portarono a precarietà e depressione, salvo una riabilitazione a fine secolo con l’istituzione del «Peter Norman Day» il 9 ottobre, giorno della sua morte. Il monologo racconta tutto e di più.