Corriere di Bologna

La Magneti Marelli è giapponese

I lavoratori dello stabilimen­to di via Timavo: «Speriamo che non cambino le nostre condizioni» Il gruppo ha 1200 lavoratori nel bolognese. La Fiom è preoccupat­a: il governo ora vigili

- Candioli , Cavina

Preoccupaz­ione e speranza. La vendita della Magneti Marelli alla giapponese Calsonic Kansel mette i lavoratori dei due stabilimen­ti bolognesi sul chi vive.

I sindacati rassicuran­o sulla solidità del gruppo e promettono di vigilare. Più critica la Fiom che denuncia l’assenza del governo nel corso di tutta l’operazione. Intanto vengono confermati gli investimen­ti di più di 2,3 milioni di euro che aumentano la produttivi­tà con nuove commesse.

Speranza e preoccupaz­ione si dibattono sulle sorti della Magneti Marelli. L’operazione da 6.2 miliardi, con cui Fca ha ceduto il gioiello della componenti­stica a Calsonic Kansel tocca anche gli stabilimen­ti di Bologna e Crevalcore. Coinvolge insomma 1200 dipendenti suddivisi tra gli 820 dell’ex Weber di via Timavo, concentrat­i su ricerca e sviluppo, e la sede produttiva in provincia: 380 operai che costruisco­no collettori aria-benzina, metano e gpl e altri corpi per veicoli a diesel e benzina.

E la fetta bolognese è solo la parte di un colosso di 40 mila dipendenti (la sede a Corbetta, nel milanese) che tutti, dal supermanag­er Michael Manley della Fca alla futura proprietà dell’azienda giapponese controllat­a dal fondo americano Kkr, fino ai sindacati cercano di tranquilli­zzare. La più critica, ma non in opposizion­e, la Fiom: «Se la Fca intendeva cedere il comparto, c’erano due soluzioni possibili — sintetizza Michele De Palma della segreteria nazionale — Una è quella praticata. L’altra era quella di promuovere una cordata italiana anche con il sostegno del governo. Non è detto che fosse la migliore ma il governo se ne è sempre disinteres­sato, anche nei momenti di più grave incertezza o difficoltà. Ora vigili, insieme a noi».

La cessione sarà perfeziona­ta entro metà del 2019, già si mettono in calendario incontri intermedi, resta il summit al Mise sull’automotive il 30 ottobre ma soprattutt­o le prime rassicuraz­ioni riguardano l’aspetto occupazion­ale. Quello, almeno stando alle dichiarazi­oni dei protagonis­ti, non si tocca. Anche i sindacati contano sul fatto che la solidità dell’acquirente e la complement­arietà della produzione costituisc­ano una garanzia. Ma tutte le sigle, Fiom-Cgil, Fim-Cisl, Uil-Uilm attendono i «dettagli dell’accordo», promettono di «vigilare». Di controllar­e, cioè, non solo i livelli occupazion­ali ma anche le

” Le Rsu La speranza è che i nuovi soggetti, la sinergia con i giapponesi, il capitale americano possano portare l’intera divisione a livelli contrattua­li più alti, o almeno equiparati al più evoluto contratto collettivo nazionale dei metalmecca­nici

commesse da mantenere e gli investimen­ti futuri. In particolar­e sui motori elettrici, il cosiddetto «lighting», l’illuminazi­one, tra le produzioni più avanzate del gruppo — progettati anche nella sede bolognese —, e i pezzi di raccordo che escono proprio da Crevalcore.

Sugli investimen­ti punta la Fim che ricorda come a Crevalcore negli ultimi anni sia aumentata la produttivi­tà. Dall’incontro dell’azienda con i rappresent­anti dei lavoratori è quindi emerso, fa sapere la Fim , che «sono stati confermati tutti gli investimen­ti programmat­i e ne sono stati presentati ulteriori», con una previsione di più di 2,3 milioni di investimen­to. «Il giudizio», commenta Roberta Castronuov­o della segreteria bolognese, è, quindi, per ora, «positivo». Tanto più che in cantiere ci sono, scrive il sindacato, «l’introduzio­ne di quattro nuove macchine robotizzat­e, la partenza di un reparto di lavorazion­e di un corpo farfallato e l’ampliament­o dello stabilimen­to con la costruzion­e di un nuovo magazzino e il rifaciment­o della palazzina della sorveglian­za».

Un cambiament­o, comunque, porta sempre con sé qualche elemento di allarme. I lavoratori saranno informati attraverso un massiccio volantinag­gio e una serie di iniziative, ma solo i prossimi mesi offriranno le risposte definite. E si accendono pure delle speranze. «Dopo 99 anni in Fiat ci poniamo domande sul futuro ma abbiamo anche poco da perdere — confida Mimmo Lisi, delegato Rsu per la Fiom — Siamo quelli con i diritti più al ribasso. La speranza è che i nuovi soggetti, la sinergia con i giapponesi, il capitale americano possano portare l’intera divisione a livelli contrattua­li più alti, o almeno equiparati al più evoluto contratto collettivo nazionale dei metalmecca­nici».

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