Un cellulare nascosto nella scarpa del detenuto mafioso
Il microtelefonino scoperto dalla penitenziaria era destinato a un uomo dell’«Alta sorveglianza»
” Maldarizzi (Uil Pa) Sebbene le comunicazioni con l’esterno siano veicolo di gravi illeciti, solo grazie all’impegno degli agenti si riescono a evitare
Un pacco con dentro un paio di scarpe destinate a uno dei detenuti del settore «Alta sicurezza» del carcere della Dozza. Ma non erano scarpe normali: gli agenti della penitenziari, controllando il contenuto del pacco con accuratezza, visto anche il destinatario, si sono accorti che bene occultato nelle suole c’era un minuscolo telefono cellulare.
A dare la notizia è la Uil Pa polizia penitenziaria di Bologna. «Nel pomeriggio di domenica — scrive il segretario generale Domenico Maldarizzi in una nota —, durante la consegna di un pacco postale ricevuto da un detenuto del circuito “Alta sicurezza”, presso il magazzino “detenuti” della “Rocco D’Amato” di Bologna è stato rinvenuto un telefono cellulare di piccolissime dimensioni ben nascosto all’interno della suola di un paio di scarpe e non è la prima volta che accade».
Il detenuto destinatario del pacco, arrivato per posta, è in carcere per reati di mafia, ritenuto estremamente pericoloso per l’elevato rischio che possa continuare a commettere reati anche dietro le sbarre. E forse ci sarebbe riuscito se quel microtelefono, occultato con un’ingegnosa trovata sotto la suola di una scarpa, non fosse stato rinvenuto dagli agenti che domenica pomeriggio hanno aperto il pacco prima di consegnarglielo. «Nonostante il fatto che le comunicazioni telefoniche tra detenuti e soggetti esterni al carcere — prosegue Maldarizzi — costituiscono assai spesso veicolo di gravi illeciti penali, solo grazie al costante impegno degli appartenenti alla polizia penitenziaria e alla loro esperienza professionale si riesce a prevenire l’uso in carcere di cellulari». Inoltre, «esistono telefoni di dimensioni talmente ridotte da renderne pressoché impossibile il rinvenimento» l’allarme del segretario Uil Pa.
Il telefonino in questione, infatti, è un microtelefono in produzione dall’anno scorso, di marchio britannico, per il quale già in altri Paesi europei è stato lanciato l’allarme, in quanto il suo uso è molto frequente dietro le sbarre, visto che le sue dimensioni ridottissime rendono pressoché impossibile individuarlo. «Purtroppo — conclude Maldarizzi — né da parte del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria né da parte delle autorità politiche del Ministero della Giustizia vi è la volontà di installare in carcere dissuasori telefonici che impediscano i pericolosi scambi di comunicazioni tra i detenuti e i soggetti esterni al carcere. Al personale della polizia penitenziaria di Bologna va il plauso di tutta la Uil Pa per tutto quello che ogni giorno fanno per garantire l’ordine e la sicurezza sia all’interno che all’esterno della struttura nonostante la scarsità di mezzi e uomini».