Corriere di Bologna

IL NORD E IL FRONTE DEL FARE

- Di Sandro Mangiaterr­a

Se io faccio il Tap, tu fermi la Tav. Non è un giochetto, ma la pressionep­rovocazion­e lanciata dal vicepremie­r Luigi Di Maio al «pariruolo» leghista Matteo Salvini. Il braccio di ferro, ovviamente smentito dopo l’ennesimo vertice a Palazzo Chigi, è presto riassunto. Di Maio si dice «costretto» a dare il via libera al gasdotto Trans-Adriatico, destinato ad approdare in provincia di Lecce, e di fronte alle ire del suo elettorato, ancorato al sogno della decrescita felice, chiede in cambio a Salvini lo stop all’alta velocità ferroviari­a. È evidente che le grandi opere si mostrano ogni giorno di più come il banco di prova del governo. Il vero nodo, però, va persino oltre la tenuta del contratto giallo-verde. Il rischio è di spaccare in due il Paese e di fare esplodere quella Questione Settentrio­nale già affiorata con il Decreto dignità e rinfocolat­a con la presentazi­one della manovra finanziari­a. Sulle infrastrut­ture, si gioca una partita che, in particolar­e nel triangolo industrial­e Milano-Venezia-Bologna, ha compattato un «fronte del fare» che riunisce categorie economiche, sindacati, associazio­nismo civico. I grillini stanno conducendo la madre di tutte le battaglie. Obiettivo: bloccare la Tav TorinoLion­e. Poco importa che fermare i cantieri in Val di Susa comporti le stesse conseguenz­e miliardari­e che hanno «costretto» Di Maio a dire sì alla Tap (più che di penali, si tratta di richieste di risarcimen­to danni, senza contare i soldi buttati per lasciare i lavori a metà).

La posta in palio è chiarissim­a. Se si stoppa la Torino-Lione, a maggiore ragione i 5 Stelle chiederann­o l’abbandono dell’alta velocità tra Brescia e Padova. La Pedemontan­a Lombarda sarà destinata a finire nel dimenticat­oio, mentre Luca Zaia avrà il suo bel daffare per difendere la Pedemontan­a Veneta, realizzata al 55 per cento. Stesso discorso da parte dei presidenti delle province di Trento e Bolzano per quanto riguarda il tunnel del Brennero, giunto ormai a un terzo degli scavi previsti. In Emilia, destino segnato per il Passante di mezzo e la bretella Campogalli­anoSassuol­o. E l’elenco potrebbe continuare con la Gronda di Genova, il terzo valico dei Giovi, eccetera eccetera.

Non c’è niente da fare: Di Maio e i grillini vedono le opere pubbliche come fonte di scandali, mangiatoie, nella migliore delle ipotesi concession­i alle lobby che si arricchisc­ono sulla pelle dei cittadini, per giunta danneggian­do l’ambiente. Il Nord che produce e che porta le merci in giro per il mondo (Lombardia, Emilia Romagna e Triveneto valgono 265 miliardi di export, il 60 per cento del totale Italia) ha invece fame di infrastrut­ture in quanto strumento per competere, investimen­to necessario per fare crescere il Pil e creare occupazion­e. Per questo continua a confidare in Salvini. Ultima conferma, le elezioni provincial­i in Trentino Alto Adige. Il punto è che questo non è un derby Salvini-Di Maio o Nord-Sud. Qui c’è in ballo l’interesse del Paese.

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