IN AULA 120 TESTIMONI PER IL PROCESSO POLI A 20 ANNI DAI FATTI
I COLD CASE
Sfileranno parenti e amici della vittima e del presunto omicida, titolari e frequentatori delle discoteche di quegli anni. Saranno 120 i testimoni chiamati da accusa, difesa e parte civile per ricostruire il delitto di Valeriano Poli, il buttafuori ucciso nel ‘99. Dopo vent’anni l’omicidio arriva in aula. Ne è accusato Stefano Monti, all’epoca un duro del quartiere: per l’accusa uccise per vendetta dopo essere stato picchiato fuori da un locale.
Oltre cento testimoni sfileranno in Corte D’Assise per aiutare i giudici a ricostruire gli eventi che hanno preceduto e segnato il delitto del Nano, la brutale esecuzione a colpi di pistola di Valeriano Poli, il buttafuori bolognese di 34 anni freddato sotto casa in via della Foscherara la sera del 5 dicembre del ‘99. Un omicidio rimasto per tutti questi anni un enigma senza colpevoli fino a quando, lo scorso giugno, grazie a nuove tecniche scientifiche e a un lungo lavoro d’indagine di Procura e squadra Mobile, il caso è stato riaperto ed è approdato in aula. Con un presunto colpevole accusato di omicidio volontario pluriaggravato dalla premeditazione e dai futili motivi. È Stefano Monti, oggi 59enne, un tempo personaggio temuto e con una reputazione di piccolo boss di quartiere.
Secondo l’accusa fu lui a fare fuoco almeno cinque volte contro Poli, una vendetta per una lite avvenuta mesi prima davanti alla discoteca Tnt durante la quale Monti fu pestato dalla vittima davanti al suo «branco», per dirla con le parole usate ieri dal pm Roberto Ceroni. Una umiliazione da lavare col sangue. Monti, che dopo l’arresto di giugno si trova in carcere, si è sempre professato innocente pur non avendo mai risposto alle domande dei giudici. Difeso dall’avvocato Roberto d’Errico, ha scelto il rito ordinario consapevole di rischiare fino al carcere a vita. Molto, ma non tutto, ruota attorno a delle macchie di sangue trovate sugli scarponcini di Poli già all’epoca ma sempre rimaste senza paternità. Secondo le analisi effettuate dagli investigatori quel sangue era di Monti: per l’accusa lo perse la sera dell’omicidio dopo una colluttazione con la vittima.
La difesa punterà a smontare le conclusioni raggiunte dai periti del pm, in particolare il ragionamento sulla datazione di quel Dna. Ma cercherà anche di svuotare il movente e far capire ai giudici popolari e alla Corte che erano in tanti in quegli anni ad avercela con Poli, perché in tanti subirono lo strapotere fisico del buttafuori che certo non si tirava indietro quando c’era da menare le mani dentro e fuori dalle discoteche. In aula sfileranno investigatori, amici e parenti della vittima e dell’imputato, testimoni che possono riferire ciò che videro la sera dell’omicidio. E, ancora, gestori dei locali di quegli anni, buttafuori e personaggi bolognesi che frequentavano le discoteche. Tra i testimoni indicati dall’avvocato di parte civile Gabriele Bordoni, che assiste Luciano, il fratello di Valeriano che in tutti questi anni ha sempre lottato per arrivare alla verità sulla morte del buttafuori, ha indicato il direttore della Cineteca Gianluca Farinelli. La Cineteca ha infatti aiutato la Scientifica ad elaborare un video girato alcuni giorni prima del delitto in cui si vede Poli indossare le stesse scarpe che aveva la sera in cui è stato ucciso. Grazie a una nuova tecnica è stato stabilito che le macchie non erano presenti quando fu girato il video. Ieri il processo è iniziato con le questioni preliminari sollevate dalla difesa e respinte dal presidente Stefano Scati. Accolta solo quella di autorizzare i colloqui in carcere tra l’imputato e i familiari.