Omicidio Branchi, più vicini alla verità Indagato un prete
Sceglie il silenzio don Tiziano Bruscagin. Il prete che da 20 anni presta servizio nella comunità di Correzzola è stato travolto da un nuovo capitolo della vicenda giudiziaria legata alla morte di Willy Branchi avvenuta a Goro in provincia di Ferrara nel 1988. Oggi il sacerdote ha 78 anni e spera solo di dimenticare: «Di questa storia non voglio parlare», ha ribadito in questi giorni. Don Tiziano è nuovamente indagato per false informazioni al pubblico ministero sull’omicidio del 18enne.
Il gip Carlo Negri ha ottenuto la riapertura dell’inchiesta dopo un’archiviazione presentata dalla Procura di Ferrara attraverso il precedente pm Giuseppe Tittaferrante che aveva sottolineato il clima di omertà del paese e dei testimoni sentiti per quella vicenda. «Io so da sempre». «E chi glielo ha detto?», «Eh non mi faccia questa domanda». Il colloquio registrato che risale all’11 luglio del 2014 è quello tra don Tiziano e l’avvocato Simone Bianchi che assiste i familiari del giovane che il 30 settembre del 1988 era stato trovato morto lungo l’argine del Po. Un omicidio cruento con il corpo del ragazzino nudo a terra, a cui spararono alla testa con un’arma da macellaio dopo averlo pestato senza pietà.
La prima ipotesi — mai provata — è che Willy si fosse opposto a una violenza sessuale. La Procura di Ferrara nei giorni scorsi ha risentito don Bruscagin che per trenta anni ha guidato spiritualmente il paese ferrarese prima di trasferirsi a Villa del Bosco nella parrocchia che oltre a Correzzola comprende anche Civè, Brenta d’Abbà e Concadalbero. Durante l’interrogatorio il prete incalzato dalle domande del pm Andrea Maggioni ha raccontato diversi particolari senza opporre il segreto confessionale, ma non avrebbe detto tutto quello di cui è a conoscenza. Sulla questione è intervenuta con una nota anche la diocesi del capoluogo euganeo a cui fa riferimento il territorio ai confini tra la provincia di Padova e quella di Venezia. «È una vicenda troppo lunga — spiegano — l’auspicio è che si faccia chiarezza ed emerga la verità quanto prima nel rispetto e per il bene di tutte le persone oltre alle comunità coinvolte. Non abbiamo elementi per un giudizio sulla persona del sacerdote che per motivi di età e per una risistemazione territoriale dall’anno scorso non è più parroco ma collaboratore».
Don Bruscagin era stato coinvolto in una precedente indagine della Procura di Ferrara che nel 2014 lo aveva già indagato per falso. Il giudice poi archiviò la sua posizione prima che le nuove carte emerse a maggio e portate dall’avvocato Bianchi consentissero la riapertura del caso. Oltre al prete, i magistrati nei mesi scorsi hanno sentito diverse persone che sarebbero coinvolte nell’inchiesta. Ora chi indaga sta aspettando di valutare nuovi risultati medico-legali su una traccia di dna isolata dal corpo del 18enne. «Più andiamo avanti e più i dettagli si fanno macabri — spiega il legale — e la rabbia sale perché c’è chi sa tutto e continua a tacere nonostante sia coinvolto un ragazzino indifeso».