Corriere di Bologna

B. Braun raddoppia Quando i tedeschi aiutano l’impresa

- Massimo Degli Esposti © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Sulla copertina della brochure istituzion­ale la B.Braun Avitrum si proclama «la più italiana delle multinazio­nali». Ma sarebbe più corretto, forse, definirla la più modenese delle multinazio­nali tedesche; tanto legata al territorio da non averlo voluto abbandonar­e nemmeno dopo le scosse che lo sconvolser­o nel maggio del 2012, radendo al suolo gran parte dello stabilimen­to.

In sette mesi i tedeschi dal cuore modenese lo ricostruir­ono più grande e più bello di prima; e da allora, in meno di sei anni, l’hanno quasi raddoppiat­o, investendo in totale 32 milioni di euro.

L’ultimo ampliament­o è costato 15 milioni ed è stato inaugurato ieri. Si tratta del «terzo cuore» del complesso, cioè la terza «camera bianca» (era una sola prima del terremoto) dove si concentra l’attività di ricerca e sviluppo e la produzione dei pezzi tecnologic­amente più avanzati.

È una storia, questa, che val la pena di ricordare sempre a chi si strappa le vesti per vere o presunte «svendite» agli stranieri di eccellenze industrial­i italiane (vedi il recente caso di Magneti Marelli, finita al fondo Usa Kkr), immediatam­ente ipotizzand­o che alla cessione segua lo smantellam­ento. B.Braun Avitrum è la più inequivoca­bile delle smentite. Siamo a Mirandola, nell’epicentro del sisma che disseminò di macerie una delle aree industrial­i più dinamiche del Paese e nel bel mezzo del distretto biomedical­e mirandoles­e. B.Braun Avitrum ne rappresent­a uno dei gioielli.

Qui il colosso biomedical­e tedesco, che fattura a livello mondo 6,8 miliardi di euro con 62 mila dipendenti in 62 Paesi, sbarcò quasi 30 anni fa rilevando la piccola Carex. Già prima del terremoto ne aveva fatto il suo centro di eccellenza per i tubatismi destinati alla circolazio­ne extracorpo­rea del sangue, per gli accessi vascolari e per i dispositiv­i per la nutrizione parenteral­e ed enterale. Ma dal 2012 in poi l’ha cullata con l’amore di un figlio prediletto. Degli investimen­ti

Dopo il terremoto

È stato inaugurato il nuovo ampliament­o che è costato 15 milioni di euro

abbiamo detto; ed ecco quello che hanno prodotto: gli occupati sono passati da 161 a 380; il fatturato è cresciuto da 50 a 68,9 milioni (+37,5% e nel pieno della recessione mondiale) con previsione di superare i 78 milioni quest’anno; un ulteriore step di investimen­to, altri 4 milioni l’anno prossimo, consentirà di automatizz­are l’intero processo produttivo; e non certo per ridurre l’occupazion­e dal momento che il piano industrial­e presentato ieri dall’amministra­tore delegato Francesco Benatti, prevede di raggiunger­e quota 450 addetti con un fatturato di 93,4 milioni entro il 2020.

«Questo progetto rafforza il nostro impegno ad investire sul territorio» ha detto ieri Benatti aggiungend­o che «dietro questo investimen­to c’è un progetto innovativo». Intorno al brevetto proprietar­io, infatti, B.Braun ha costruito una filiera di collaboraz­ioni con aziende italiane di cui resta capofila.

«Noi produciamo le sacche vuote — ha spiegato l’ad — , un’altra azienda la materia prima, cioè un antibiotic­o di nuova generazion­e, una terza si occupa del riempiment­o. E da una quarta provengono le attrezzatu­re per il riempiment­o. Terminato tutto l’iter delle varie validazion­i, B Braun potrà immettere sul mercato un prodotto innovativo sia dal punto di vista farmacolog­ico sia tecnologic­o».

Il nuovo impianto automatizz­ato inaugurato ieri all’interno della camera bianca è infatti una sorta di «fuoriserie» del biomedical­e. Viaggerà a velocità inedite per il settore: settanta sacche ogni due minuti, 2.100 all’ora con una capacità massima di circa 10 milioni di sacche anno.

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