Corriere di Bologna

AEMILIA, LE 142 CONDANNE DUE ANNI A IAQUINTA

- Gianluca Rotondi

Una sentenza storica. Si chiude con 142 condanne a 1.200 anni di carcere il processo che certifica il radicament­o della ‘ndrangheta in Emilia, di un clan autonomo legato ai Grande Aracri di Cutro. Tra i condannati anche l’ex calciatore Vincenzo Iaquinta, due anni, e il padre, 19 anni. L’ex bomber sbotta in aula: «Vergogna, siamo puliti». Ma il lavoro della Procura continua: «Le indagini non sono finite», dice il procurator­e Amato.

Ci sono volute due ore al presidente Francesco Maria Caruso per leggere il dispositiv­o che certifica il radicament­o della ‘Ndrangheta sulla via Emilia, lo strapotere di un clan mafioso autonomo, diretta emanazione dei Grande Aracri di Cutro e con epicentro a Reggio Emilia, che ha proliferat­o indisturba­to per anni inquinando la vita sociale e imprendito­riale di quei territori. Lo storico processo Aemilia, il più grande mai celebrato sulle infiltrazi­oni al Nord, 148 imputati, si chiude dopo due anni e mezzo di dibattimen­to, quasi 200 udienze e due settimane di camera di consiglio con il collegio composto da Caruso e dai giudici Cristina Beretti e Andrea Rat chiuso in Questura per la decisione. E conferma l’impostazio­ne della maxi inchiesta dei pm antimafia di Bologna Marco Mescolini, Beatrice Ronchi e del procurator­e Giuseppe Amato con condanne anche molto pesanti, soprattutt­o in abbreviato, appena 19 assoluzion­i e 4 prescrizio­ni.

Il silenzio dell’aula bunker costruita all’interno del Tribunale di Reggio Emilia, con i detenuti ad attendere la sentenza nelle gabbie e altri in videocolle­gamento dal carcere, è stato rotto dalle urla rabbiose di Vincenzo Iaquinta, l’ex calciatore della Juventus e della Nazionale condannato a due anni per detenzione di armi. Non sono i sei chiesti dall’accusa con l’aggravante di aver agevolato il clan, esclusa dai giudici, ma insieme alla mazzata inflitta al padre (19 anni per associazio­ne mafiosa) fanno sbottare l’ex campione del mondo: «Vergogna, ridicoli», sbraita prima di lasciare l’aula. All’esterno, seguito dal padre, rincara: «Ho quattro figli, sto soffrendo come un cane per la mia famiglia. Mi hanno distrutto la vita senza una prova, noi con la ‘ndrangheta non c’entriamo niente».

Non meno pesanti le pene inflitte a presunti boss, affiliati e colletti bianchi in affari con il clan. In tutto 118 condanne con il rito ordinario e altre 24 in abbreviato per un totale di 1.200 anni di carcere. Numeri impression­anti per un processo senza precedenti. La pena più alta è stata inflitta a Carmine Blefiore, 21 anni e 4 mesi; 21 anni a Gaetano Blasco, l’uomo che intercetta­to al telefono rideva dopo il sisma del 2012; 20 al capozona del Parmense Michele Bolognino. Mazzata in abbreviato per uno dei vertici Gianluigi Sarcone, condannato a 3 anni e 6 mesi in ordinario ma a 16 anni in abbreviato. Condanne pesanti anche per gli imprendito­ri: 6 anni e 9 mesi a Pasquale Brescia, 13 a Omar Costi, 9 anni e 10 mesi ad Augusto Bianchini (l’accusa ne aveva chiesti 15), 4 anni per la moglie Bruna Braga, 3 per il figlio Alessandro. E 8 per l’imprendito­re modenese Gino Gibertini. Il pentito Antonio Valerio se l’è cavata con 6 anni e 2 mesi, come Giuseppe Giglio, grazie alle attenuanti. Dal processo sparisce un capitolo importante, l’estorsione denunciata per l’affare Sorbolo, l’insediamen­to edilizio nel quale il clan aveva investito. Quell’estorsione per i giudici, che hanno trasmesso gli atti ai pm contro chi denunciò, non ci fu.

La sentenza ha stabilito risarcimen­ti milionari: «Nessuno ora può più voltarsi dall’altra parte», dice il presidente della Regione Stefano Bonaccini. Ma il lavoro non è finito, avverte il procurator­e Amato: «Aemilia apre la pista ad altri processi, ci sono profili che meritano investigaz­ioni». Per 40 testi il Tribunale ha trasmesso gli atti ai pm. In tanti hanno negato quel che per i giudici era evidente.

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Sul sito Dopo la lettura della sentenza, Vincenzo Iaquinta, ex giocatore della Juve, ha dato in scandescen­za davanti all’aula bunker di Reggio Emilia Il padre è stato condannato a 19 anni corrieredi­bologna.it
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Presidente Il giudice Francesco Caruso ha guidato il processo Aemilia
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