Corriere di Bologna

La prima volta di Fiore: «Nar estranei alla strage la regia era altrove»

L’ex Terza posizione oggi leader di Fn: «Dopo il 2 agosto mi contattaro­no i servizi segreti»

- Baccaro

«Lei faceva parte di Terza Posizione?» «Sì». «Era una struttura sovversiva dedita alla lotta armata?» «No».

Per la prima volta dopo quarant’anni ieri Roberto Fiore, leader di Forza Nuova, ha risposto alle domande di un giudice in un processo per la strage del 2 Agosto. Dopo il ’99, quando rientrò dalla sua lunga latitanza a Londra, si presentò anche al processo d’appello per Luigi Ciavardini, ma si avvalse della facoltà di non rispondere. Ieri, invece, ha risposto sotto giuramento e ha sostenuto che Terza Posizione non era un’associazio­ne sovversiva dedita alla lotta armata, tanto che «quando ero in carcere a Londra, personaggi che si presentava­no come mandati dalla presidenza del Consiglio, che all’epoca voleva dire servizi segreti, mi offrirono di farmi uscire in cambio del mio aiuto per gestire l’estrema destra. Era il 1981». Tornano spesso i Servizi nelle parole di Fiore che si definisce «parte lesa nel depistaggi­o ordito dalla P2 e dai servizi deviati. Nessuno dice mai pubblicame­nte che ci fu una congiura per eliminare Terza Posizione». Prima di entrare in aula, il leader di Forza Nuova ha anche detto che a mettere la bomba alla stazione «non furono i neofascist­i. I Nar non c’entrano nulla, dietro ci fu una strategia internazio­nale per destabiliz­zare l’Italia». Per questo, aggiunge Fiore, «ho scritto al premier Conte e ho chiesto di desecretar­e tutti i documenti». «Dice le stesse cose che hanno detto tutti i depistator­i dal 1980 ad oggi» commenta il presidente dell’associazio­ne dai familiari delle vittime Paolo Bolognesi. Quella di Fiore è stata una testimonia­nza precisa, assistita da cenni con la testa a rispondere o no alle domande da parte del fratello e difensore di fiducia Stefano, in un’occasione redarguito dal presidente della Corte d’Assise Michele Leoni. Ma Fiore, dopo quarant’anni, arriva davanti alla Corte preparato, sa cosa gli verrà chiesto e mostra di conoscere atti e verbali. «Valerio Fioravanti ha mentito quando ha detto che sono scappato con la cassa di 60 milioni di Terza Posizione, che avevamo mandato i ragazzini a fare rapine e poi li avevamo lasciati allo sbando. Voleva uccidermi perché sperava che fatti fuori noi, una generazion­e di ragazzini cresciuti in un contesto di guerra di bassa intensità allo Stato, avrebbero seguito lui». Secondo l’accusa, invece, Fiore doveva essere fatto fuori perché sapeva troppo sui Nar, come il suo camerata Francesco Mangiameli. Eppure su argomenti più spinosi, Fiore non tradisce l’ex Nar: «Non ho elementi per dire che avesse rapporti con i servizi segreti». Conferma anche la versione di Giusva sui documenti che proprio i Nar, tramite il falsario romano Massimo Sparti che poi li accusò della strage, gli procuraron­o per fuggire dall’Italia: «Erano falsificat­i male per mettermi nei guai, non li utilizzai». Per l’accusa non si spieghereb­be perché, se non c’era mai stato un accordo tra Nar e Terza Posizione, avrebbero dovuto procurargl­i dei documenti falsi. Diverso il rapporto con Luigi Ciavardini: «Lo ho aiutato dopo l’attentato al Giulio Cesare, con spirito paterno, anche se avevo solo 20 anni, ma lui ne aveva 17 e io l’avevo cresciuto. Umanamente rivendico quello che ho fatto, forse fu favoreggia­mento ma lo rifarei». Sui giorni successivi alla strage, invece, smentisce di aver ospitato Ciavardini a Castelfran­co Veneto a casa della sua compagna, come invece sostengono, anche in questo processo, l’allora fidanzata di Ciavardini Elena Venditti e l’amica Cecilia Loreti. Ma Fiore resta vago: «Lo escludo ma non ricordo. Il 2 agosto ero a Roma».

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In aula Roberto Fiore ieri al processo a carico di Gilberto Cavallini

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