Corriere di Bologna

Igor ora vuole silenzio su di sé, primo faccia a faccia con i Verri Chiesta una perizia psichiatri­ca

Al via il processo in videoconfe­renza, il killer: non fate stare i giornalist­i

- Di Gianluca Rotondi

Il «camaleonte» se ne sta seduto su una sedia di plastica azzurra con le manette ai polsi. Maglietta nera e pantaloni scuri, la barba corta e curata, un’espression­e che non tradisce emozioni. Intorno a lui solo sedie vuote, sulla destra un agente della penitenzia­ria, alle sue spalle due interpreti. Il tempo dei selfie scattati durante la latitanza e dei camuffamen­ti è finito, ora l’unica immagine che offre di sé rimbalza da una saletta del carcere di massima sicurezza di Zuera (Saragozza) all’aula 9 del Tribunale di via Farini. Igor parla in un italiano corretto, risponde con brevi monosillab­i alle domande tecniche che il giudice Alberto Ziroldi gli rivolge. «Sì, sono d’accordo», dice quando gli viene chiesto se accetta la scelta del rito abbreviato condiziona­to a una perizia psichiatri­ca avanzata dai suoi difensori. Poche parole, ancora, per chiudere le porte del processo alla stampa: «Non voglio un processo pubblico, niente giornalist­i», dice in video l’uomo che, da detenuto, continua a ricevere lettere e raccoglier­e consensi. E a quanto pare perfino qualche aiuto economico: in carcere arrivano puntuali piccoli versamenti su una chiavetta che ha ogni detenuto per le spese correnti. Li manda un’associazio­ne di cattolici ortodossi.

«Igor il russo», al secolo Norbert Feher, serbo, affronta la giustizia italiana, quella a cui per troppo tempo è riuscire a sfuggire quando era ancora e solo un rubagallin­e. Deve difendersi da 11 capi d’imputazion­e. Il killer che si è lasciato dietro di sé cinque morti in due Paesi diversi e si è fatto beffe dello Stato italiano e della gigantesca caccia all’uomo messa in piedi dai carabinier­i nelle paludi tra Molinella e Ferrara, dirà la sua verità nelle prossime udienze. Prima ancora delle sue dichiarazi­oni spontanee — nelle quali ammetterà gli omicidi di Davide Fabbri e della guardia ecologica volontaria, pur in una logica criminale tutta sua, ma negherà le rapine commesse durante la fuga che gli vengono contestate — il giudice Ziroldi dovrà decidere se concedere l’abbreviato condiziona­to a una perizia psichiatri­ca o il semplice rito alternativ­o che dà diritto al relativo sconto, come chiesto in subordine dai suoi difensori, avvocati Cesare Pacitti e Gianluca Belluomini. Nel frattempo è stata disposta l’acquisizio­ne della perizia disposta dai giudici spagnoli che hanno incontrato Feher in carcere («narcisista, antisocial­e, con un disturbo misto della personalit­à ma con capacità cognitive integre»).

La decisione arriverà il 28 novembre. La difesa, come spiegato dall’avvocato Pacitti, «punta al massimo su una seminfermi­tà di mente perché ci sono dei disturbi, dalla consulenza del professor Vittorio Melega emergono elementi che vanno valutati». L’udienza si è chiusa in poco meno di due ore, quasi tutte dedicate alle costituzio­ni di parte civile. Saranno nel processo Emanuele e Francesca, i figli di Verri, assistiti dall’avvocato Fabio Anselmo; Maria Sirica e Franco Fabbri, vedova e padre del barista Davide, rappresent­anti dall’avvocato Giorgio Bacchelli; poi Marco Ravaglia, l’agente provincial­e rimasto ferito mentre era in pattuglia con Verri e che è scampato alla morte fingendosi morto. E, ancora, l’associazio­ne servizi vigilanza ambientale di Legambient­e per cui operava Verri. Nessun ente pubblico si è costituito.

Per la prima volta i figli di Verri hanno potuto guardare in faccia, seppure attraverso uno schermo, l’uomo che ha tolto loro il bene più caro. La loro rabbia l’hanno ancora una volta indirizzat­a verso le istituzion­i per quella morte che, hanno ribadito, si poteva e doveva evitare. Non se l’è sentita di essere in aula Maria Sirica, la moglie di Davide Fabbri. È rimasta al bar Gallo alla Riccardina di Budrio. Il dolore è ancora troppo grande: «Non sto bene, devo ringraziar­e Igor e lo Stato per questo. Aveva due espulsioni sulle spalle e se lo Stato avesse fatto il suo dovere non sarebbe mai entrato al bar. Ora mi aspetto che venga fatta giustizia, per Davide e per tutti quelli che ha fatto soffrire».

La vedova Fabbri Maria Sirica: «Non sto bene, devo ringraziar­e Igor e lo Stato per questo»

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In Tribunale Si è tenuta ieri la prima udienza del procedimen­to a carico di Norbert Feher, alias Igor il russo, detenuto in Spagna e per questo collegato in videoconfe­renza dal carcere di Zuera (nella foto piccola). A fianco, l’avvocato Fabio Anselmo accanto ai suoi assistiti, i figli di Valerio Verri (Emanuele e Francesca), la guardia volontaria uccisa dopo il delitto di Davide Fabbri nel bar a Riccardina di Budrio
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