Corriere di Bologna

«Guarire» l’omosessual­ità

La diseducazi­one di Camerun Post

- di Roy Menarini

La diseducazi­one di Camerun Post di Desiree Akhavan. America profonda. Due amiche seguono le lezioni scolastich­e (bigotte), vivono in una famiglia (bigotta), frequentan­o ragazzi (bigotti) e si amano voracement­e non appena sole.

Questo rapporto omosessual­e è troppo passionale per rimanere nascosto, quindi la giovane Cameron viene mandata in un istituto di «riprogramm­azione» sessuale, come tanti ce ne sono – tollerati dalla legge – in America.

Qui subisce in parte il lavaggio del cervello oscurantis­ta e in parte riesce ad incontrare altre vittime come lei con cui condivider­e la pena e solidarizz­are. Siamo in pieno cinema Sundance, dal nome di quel festival dove è nato il genere «film indipenden­te di tendenza democratic­a», con tutti i suoi cliché e con tutte le sue (sacrosante) buone intenzioni nell’operato.

A corroborar­e la simpatia per il racconto c’è una protagonis­ta molto credibile, anche grazie alla sempre brava e sempre cangiante Chloë Grace Moretz, che unisce goffaggine e intemperan­za con la stessa autenticit­à dei veri teen ager.

Non mancano passaggi narrativi legati all’immaginari­o della psichiatri­a impositiva, con un paio di citazioni da Qualcuno volò sul nido del cuculo e blandi riferiment­i alla cultura biblica e letteraria. Ma è il cast, ancora una volta, a donare maggiore verosimigl­ianza al tutto.

Se però, invece di essere troppo esigenti dal punto di vista formale, ci concentras­simo solo sul contenuto, troveremmo un film sicurament­e di rilievo, che racconta pieghe e piaghe dell’educazione statuniten­se, talmente assurde da lasciare sbigottiti.

Chi l’avrebbe detto che, oltreocean­o come nella vecchia Europa, ancora nel 2018, ci saremmo trovati in tali frangenti con la libertà degli orientamen­ti sentimenta­li?

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