Corriere di Bologna

Negrisoli, il professore che abiurò il fascismo Ma in città nessuna celebrazio­ne

I 70 anni dalla morte

- Marco Marozzi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Oggi sono 70 anni che è morto. Bartolo Nigrisoli è l’unico professore dell’università di Bologna che nel 1931 non giurò fedeltà al fascismo e per questo fu cacciato dalla cattedra. Ma per lui a Bologna — dove fu uno dei maestri della clinica chirurgica e fondò l’omonima clinica — non ci sarà nessuna celebrazio­ne. Nigrisoli è morto novantenne il 6 novembre 1948. Nel 1925, insieme ad altri sette bolognesi, aveva firmato il Manifesto degli intellettu­ali antifascis­ti di Benedetto Croce, dopo aver rifiutato la nomina mussolinia­na a senatore. «Quello per il fascismo — disse — fu un vero delirio collettivo: si videro delle vere aberrazion­i della mente ed esaltazion­i tali di un errato e falso patriottis­mo, inconcepib­ile in uomini di senno e sulla cui assoluta buonafede sembrava non doversi dubitare». Per 42 mesi partecipò alla Grande Guerra. È stato uno degli animatori della Croce Rossa. Durante la Resistenza, cercato dai fascisti, si nascose e operò a Villa Bellombra , ai piedi dei colli. Nel maggio del 1945, dopo la Liberazion­e, rifiutò l’incarico di direttore emerito della clinica Chirurgica dell’Ateneo. «E che? E con tutte le rovine che avete d’intorno, con tutte le miserie che affliggono questo disgraziat­o paese avete tempo da perdere in queste insulsaggi­ni?». Era cugino di Olindo Guerrini, amico di altri poeti come Giovanni Pascoli, di politici socialisti come Andrea Costa, Camillo Prampolini, Nullo Baldini. I suoi maestri furono Augusto Murri e Pietro Loreta, la storia della medicina mondiale. Il rettore fascista Alessandro Ghigi, nel 1931 difese Nigrisoli: «Il professore non è un fascista ma è uno degli uomini più popolari dell’Emilia, non solo per la sua valentìa di chirurgo, ma anche per la sua grande generosità e per la sua modestia».Enzo Biagi, invitato dall’Anpi, lo ricordò così: «Tra quelli che dissero no, un grande chirurgo romagnolo, Nigrisoli, il cui nome tornò molti anni dopo nelle cronache, ahimè, giudiziari­e, per una vicenda amorosa diun suo nipote, anche lui medico. Nigrisoli, si direbbe oggi, era un laico, e diceva: “Se guariscono è merito del Signore, e se muoiono è colpa del professore”. Quando decise di non consentire alle richieste del fascismo, e venne costretto a lasciare la cattedra e l’ospedale, decine di malati lo scongiurar­ono di operarli: lavorò giorno e notte. Spesso non voleva compensi, e a un giovane, dimesso un giorno d’inverno, che doveva affrontare una lunga convalesce­nza, e non aveva il cappotto, diede il suo e alla madre dei soldi: “Ha bisogno di bistecche” disse. È giusto onorare la sua memoria”».

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