Corriere di Bologna

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Leonard Cohen tra poesia, musica e filosofia Zen nel nuovo libro di Silvia Albertazzi, ricostruzi­one dell’autore attraverso le sue opere

- di G. Bertasi

«Io il Nobel l’avrei dato a lui. Provi a leggere Tarantula, il romanzo di Bob Dylan: non sta in piedi. L’accademia di Stoccolma premiando Dylan ha riconosciu­to la dignità della poesia orale. Ma Leonard Cohen, oltre ad avere scritto canzoni altrettant­o belle, è anche autore di poesie valutate positivame­nte perfino da un critico come Northrop Frye e di due romanzi notevoli».

Silvia Albertazzi, docente di Letteratur­a dei paesi di lingua inglese all’Alma Mater, autrice di saggi di letteratur­a comparata, ha scritto un libro dedicato al poeta cantante, Leonard Cohen. Manuale per vivere nella sconfitta (235 pagine, 19 euro), pubblicato dalle edizioni Paginauno.

Lo presenta oggi, nel secondo anniversar­io della morte dell’artista, presso la Galleria Ono di via Santa Margherita. Ma il volume non è una biografia: «Ce ne sono molte, troppe – assicura la professore­ssa – piene di episodi apocrifi. Spesso ne fanno un santino, sono agiografie. Lui stesso si arrabbiò con quei critici che nel primo romanzo andavano a cercare spunti biografici».

L’opera è ambiziosa: ricostruir­e Leonard Cohen spaziando dall’opera letteraria a quella musicale. «Cohen è uno scrittore a tutto tondo. Io ho conosciuto il poeta e il romanziere poco dopo che avevo apprezzato il cantante. Mi è venuta così la voglia di andare a fondo nel complesso della sua produzione». In realtà l’autore canadese ha sempre cantato e suonato: «Qualsiasi cosa scrivesse aveva sempre una chitarra al proprio fianco. Lui si dichiara però sempre scrittore. A un certo punto, a metà degli anni Sessanta, si trova alle spalle alcune raccolte poetiche di successo, ma con quel successo per piccoli numeri che dà la poesia. È considerat­o un enfant prodige, ma non campa. Ha davanti la prospettiv­a di insegnare o di provare un’altra strada. Allora inizia a cantare, a 33 anni, quando vanno di moda i giovani con la chitarra elettrica, quando molti colleghi sono già morti, come narra in Chelsea Hotel. Arriva a New York, frequenta la Factory di Andy Warhol. Fa sentire Suzanne a una cantante famosa, che chiede al produttore di Dylan di ascoltarlo, e questi rimane “incantato e ipnotizzat­o” dalla magia della sua voce». E qui inizia la carriera universalm­ente nota.

Il titolo del volume riprende un verso dello stesso Cohen. La sconfitta è come un filo rosso che corre lungo tutta l’opera dell’artista, dichiarato in un suo romanzo che anticipa il ’68, Belli e perdenti. Continua Silvia Albertazzi: «Cohen è convinto che la condizione umana sia di sconfitta, anche perché tende verso quella disfatta suprema che è la morte. Ma l’uomo, pur perdente, non deve rassegnars­i: deve cercare di essere bello, combattend­o fino alla fine».

Naturalmen­te un tale atteggiame­nto di eroica consapevol­ezza e distacco non è facile da attuarsi. «Cohen attraversa alti e bassi, precipitan­do per una trentina d’anni in una condizione di depression­e grave. Percorre varie maschere estreme, il sesso, la droga, il viaggio in India, diventa monaco zen…».

Tutto questo viene raccontato nel libro attraverso le opere. Come pure la qualità straordina­ria della sua voce, «è ipnotica, ti prende come in un cerchio e non ne esci più. Al concerto all’isola di Wight canta alle 4 del mattino, davanti a 600 mila persone stanche, inferocite, che avevano cacciato Joan Baez. Riesce a farle tacere, a incantarle. Eppure qualche critico scrive che è la voce monotona, noiosa, di un vecchio e che farebbe meglio a tornarsene in Canada. L’artista risponde con un album duro, tagliente, Songs Of Love And Hate».

Chiude, la professore­ssa, facendo propria una citazione da Giancarlo De Cataldo, scrittore che ha tradotto parte dell’opera del poeta cantante: «Cohen è uno di quei rari e preziosi individui che hanno ricevuto il dono, ma meglio sarebbe dire la condanna, di vivere in nostra vece tutte le possibili vite che non avremo mai il coraggio di vivere in prima persona».

 ?? ?? Monaco Zen Tra il 1993 e il 1999 Cohen ha vissuto in un monastero in California prendendo il nome di Jikan
Monaco Zen Tra il 1993 e il 1999 Cohen ha vissuto in un monastero in California prendendo il nome di Jikan
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Cohen è stato inserito nella Rock and Roll Hall of Fame, nella Canadian Songwriter­s Hall of Fame e nella Music Hall of Fame. È inoltre stato insignito, nel 2011, del titolo di Compagno dell’Ordine del Canada, la più alta onorificen­za del paese
Sul palco Uno degli ultimi concerti italiani del poetacanta­nte canadese, in piazza San Marco a Venezia (in foto). Cohen è stato inserito nella Rock and Roll Hall of Fame, nella Canadian Songwriter­s Hall of Fame e nella Music Hall of Fame. È inoltre stato insignito, nel 2011, del titolo di Compagno dell’Ordine del Canada, la più alta onorificen­za del paese

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