L’ultima favola di Sepulveda all’Ambasciatori
«Ho scelto le favole perché ho sentito che attraverso di esse potevo guardare più da lontano il comportamento umano e avvicinarmi alla pura narrazione. È il genere ideale per potersi concentrare non tanto sull’avventura del personaggio, sulla trama, ma sui valori che si vogliono trasmettere». Così Luis Sepùlveda spiega perché nella sua produzione letteraria le favole occupino un posto di tale rilievo, tra un romanzo e l’altro. A partire dalla celebre Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare del 1996 per arrivare alle più recenti Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza e Storia di un cane che insegnò a un bambino la fedeltà. Ora è la volta di Storia di una balena bianca raccontata da lei stessa
(Guanda) con illustrazioni di Simona Mulazzani, che lo scrittore cileno presenterà oggi a Bologna, dove torna spesso anche per i molti amici che lo legano alla città. Alle 18 sarà alla libreria Ambasciatori di via Orefici, a colloquio con Simona Lembi, per parlare di una favola che si apre con una citazione di Plinio il Vecchio: «L’occhio della balena registra da lontano ciò che vede negli uomini. Custodisce segreti che noi non dobbiamo conoscere». Perché il mito della grande balena bianca, Mocha Dick, in Sepùlveda si allontana dall’ossessione dell’Achab di Melville per invitarci a una prospettiva diversa. Così l’apparizione di un capodoglio lungo 15 metri su una spiaggia sassosa del Cile, nell’estate del 2014, diventa lo spunto per rievocare il mitico mondo della cultura indigena Mapuche, il «popolo della terra» che vive in Patagonia, spesso al centro delle favole di Sepùlveda che ha radici Mapuche per parte di madre. Ma anche per far emergere la crudele realtà dei balenieri che cacciano per profitto e invadono il tranquillo territorio degli animali marini. Perché l’autore vuole ribaltare la logica per cui sinora sono stati loro, i balenieri, a raccontare la storia della temutissima balena bianca, mentre è forse arrivato il momento che sia lei a prendere la parola e a far giungere fino a noi la sua voce antica. D’altra parte la balena è un animale che nel pantheon personale di Sepùlveda occupa un posto in prima fila. A lei ha più volte accostato il poeta suo connazionale Pablo Neruda e di caccia alle balene si era occupato anche ne Il mondo alla
fine del mondo. A dimostrazione di come la scrittura e l’impegno politico siano elementi intrecciati in Sepùlveda.