LA FIDUCIA, UN CAPITALE INVISIBILE
Alla fine, all’edizione 2018 del bilancio partecipativo del Comune di Bologna, hanno votato 16.348 persone tra bolognesi residenti, studenti e persone che in città vivono e lavorano, un dato più alto rispetto alla prima edizione dell’anno scorso. Un risultato importante in questi tempi difficili, in cui le persone tendono sempre di più a ritirarsi nel privato, se non spesso a nutrire sentimenti di ostilità nei confronti degli altri. In quei voti espressi e nel tempo che ogni persona ha impiegato per informarsi sui progetti che i cittadini avevano presentato nei quartieri, nelle discussioni, anche accese, che hanno accompagnato le proposte, c’è una scintilla che non va dispersa. Se ne sono accorti a Palazzo d’Accursio il sindaco Merola, gli assessori e i dirigenti che hanno lavorato al progetto: quei 16 mila voti sono un patrimonio di impegno e di civismo da cui ripartire. Queste sono le ragioni per le quali il Corriere di Bologna ha deciso di raccontare questa sfida nei quartieri, dedicando ogni giorno un focus sui progetti di ogni quartiere e aggiornando la classifica in un grafico con tutti quelli in campo. Nell’ultimo week-end bastava fare un giro in città per vedere i banchetti dei cittadini, le vetrine dei negozi con i manifesti, le maestre delle scuole con l’adesivo sulla felpa, tutti con un unico obiettivo: fare vincere il progetto del proprio quartiere. La gara ha contagiato tutti: bar, enoteche, pasticcerie, lavanderie, edicole, fornai, perfino le parrocchie e le scuole.
Ebastava attraversare una strada per vedere che altri cittadini sponsorizzavano un altro progetto a 50 metri di distanza. La partita ha avuto il merito di coinvolgere tutti, bolognesi e non, giovani e anziani (svantaggiati dalla maggiore difficoltà di accedere al voto online), stranieri e italiani, favorendo processi di integrazione e di coesione sociale. Affinché questa straordinaria macchina di partecipazione non si inceppi in futuro bisogna provare ad operare due correzioni, sulle quali si è già impegnato l’assessore comunale Matteo Lepore. La prima: la dinamica della competizione funziona, ma ci sono progetti molto belli che costano pochissimo e che meriterebbero comunque di essere finanziati. Anche perché stiamo parlando di una quota infinitesimale del bilancio di Palazzo d’Accursio. Il secondo problema sono i tempi di realizzazione dei progetti. Come abbiamo scritto non sono ancora arrivati i fondi per quelli che hanno vinto nel 2017 e se questo è abbastanza normale per chi frequenta i Palazzi, diventa inconcepibile per i cittadini che si sono impegnati per portare a casa il risultato. Anche in questo caso la giunta si è impegnata a sveltire le procedure ma si deve provare a fare qualcosa di più. L’ultima è una raccomandazione: il bilancio partecipativo e i progetti che partono dal basso non devono diventare il modo per fare rientrare dalla finestra quello che per anni non è entrato dalla porta. Parlando con i cittadini, in queste settimane, è risultato evidente che in alcuni casi i progetti di quartiere sono stati l’ultima carta per rilanciare esigenze che da anni venivano proposte senza ottenere una risposta positiva. Detto in altre parole: se un parco pubblico diventa invivibile, bisogna intervenire senza aspettare questa forma ben funzionante di sussidiarietà cittadina. Ma il vero valore di questo processo è un altro: in un tempo di iperconnessione digitale e di solitudine, con tanti spazi di aggregazione che sono venuti a mancare (sedi dei partiti, parrocchie, centri anziani, parchi) il bilancio partecipativo ha portato le persone dello stesso quartiere a incontrarsi e a parlare. E questo scambio produce una risorsa invisibile ma importantissima: la fiducia. Che fa sentire più sicuri di una macchina della polizia sotto casa.