I cervelli in fuga tornano in Ateneo, i 47 prof del futuro
Sono 47 i talenti approdati a Bologna negli ultimi tre anni, 32 studiosi per «chiamata diretta» dall’estero e 15 vincitori dei prestigiosi fondi europei Erc. Dal 2015 arruolati 435 ricercatori
Alma Mater acchiappa-talenti, si potrebbe dire. Mentre in Italia le politiche per valorizzare i nostri studiosi sono pressoché inesistenti, Unibo si è attrezzata in questi anni per attrarli. Il rettore Francesco Ubertini ne aveva fatto uno dei suoi primi obiettivi strategici. E così a metà mandato può orgogliosamente presentare i 47 della «meglio gioventù», ovvero 32 studiosi che erano fuggiti all’estero per fare carriera e 15 vincitori dei prestigiosi bandi di ricerca europei Erc (European research council), che viaggiano con in valigia un milione e mezzo di euro da spendere in 5 anni per condurre i loro studi. Se poi si aggiungono i 388 studiosi arruolati con concorso negli ultimi tre anni, diventano 435 i ricercatori che hanno preso servizio fino ad oggi a Unibo.
«Oggi il Paese non investe sul futuro e sui giovani — riconosce Ubertini —, siamo penultimi in Europa come numero di laureati e tra qualche anno saremo ultimi. Negli ultimi anni sono stati ridotti i fondi, il sistema universitario è calato e gli studenti sono diminuiti. Servirebbe una forte dose di ricostituente, ma al momento non mi sembra sia all’ordine del giorno». L’Ateneo di Bologna ha invece lanciato una vera e propria «campagna acquisti» per attrarre talenti. «Ogni anno 84 italiani vincono i bandi Erc — prosegue Ubertini —. Di questi, 48 progetti hanno sede principale in Italia. Con i nostri incentivi abbiamo aumentato del 15% la presenza di vincitori Erc nel nostro Paese. E la nostra intenzione è continuare con questo ritmo. Tra i loro compiti, ci sarà anche quello di far crescere i nostri giovani ricercatori che hanno i numeri per competere a livello internazionale».
Oltre a diventare attrattivi per i ricercatori Erc, l’Ateneo ha lanciato un’intensa attività di reclutamento rivolta a ricercatori e docenti, stranieri e italiani, provenienti da università estere. Gli accademici impegnati all’estero in attività di ricerca o insegnamento da almeno tre anni possono infatti trasferirsi in un ateneo italiano senza seguire il tradizionale percorso dei concorsi pubblici, ma grazie a «chiamate dirette» che devono essere approvate dal ministero. Alle call for interest» hanno risposto finora in 32. E arrivano da ogni parte del mondo. Perfino dagli Stati Uniti e dall’Australia.