Corriere di Bologna

Emilia,via di confine

In «Per strada» Guido Guidi ne raccoglie gli scatti: «La periferia, con una Bologna mai vista al centro»

- Claudia Balbi

Un viaggio lungo una vita. Quella di Guido Guidi sulla via Emilia. In una periferia infinita che tocca anche Strada Maggiore a Bologna, un centro che riesce comunque a far apparire nei suoi scatti una via qualunque. Un’«Historia» raccontata nel libro Per strada

(Mack) che contiene più di 300 scatti a colori (20x25) realizzati dal fotografo tra il 1980 e il 1984.

Quando è iniziato il suo viaggio per la via Emilia?

«È iniziato molto prima: sono nato in campagna a San Mauro in Valle nella periferia di Cesena. Mio padre faceva il falegname, mia nonna pure, lavoravano i tini per raccoglier­e l’uva, o le porte delle porcilaie e delle case dei contadini nostri vicini. Questa è la mia storia, alla fine ognuno racconta questo. Racconta il vissuto, come suggeriva Leon Battista Alberti, teorico della prospettiv­a, ai pittori: “Infine, dato un quadrangol­o di retti angoli disegnati sul vetro, disegni la historia”. Che non è solo quella che si impara sui libri, ma è la storia del vedere. La storia del paesaggio».

Quando ha iniziato a fotografar­e le strade della SS9?

«Alla fine degli anni ‘60. Cesena è stata una palestra. Lavoravo su queste strade per allenarmi a fotografar­e meglio e per capire come si può rappresent­are quello che Roland Barthes chiama “il trattato di realtà”. Come si può racchiuder­e in un rettangolo della macchina fotografic­a tutto il succo della realtà nella sua integrità senza perdere niente. Non è una cosa facile, non è che basta fare clic e hai messo in campo il mondo».

La periferia è al centro del tuo lavoro. Perché?

«Non mi piace la centralità burocratic­a e politica, la trovo dittatoria­le, un ritorno all’ordine. La mia è una scelta politica in relazione alla fotografia. Ruggero Pierantoni ricordava che al centro dei dipinti rinascimen­tali i pittori, costretti dal Vaticano o dal potente di turno, mettevano la Madonna o Gesù Cristo, al bordo i santi e ancora più ai bordi gli angioletti irrequieti e svolazzant­i. Ecco, io sto dalla parte degli angioletti rompiscato­le che sono al bordo».

Nel libro ci sono anche due foto scattate ai portici di Strada Maggiore a Bologna. Come mai ha scelto un soggetto così «centrale»?

«L’ho fotografat­a come se fosse una strada qualunque. Se fotografo una zona centrale della città faccio una foto a cose marginali che potrebbero essere in qualsiasi posto. Allora se arrivo in Piazza davanti a San Petronio è difficile che faccia la foto classica alla facciata della chiesa, l’han già fatto altri molto bene, magari fotografo un paracarro che fino a quel momento non è stato guardato. La mia è un’attenzione a ciò che non è stato visto o ritenuto degno di attenzione. La fotografia è questo: guardare con attenzione il mondo, anche le cose che non sono state guardate».

Proprio sotto le Due Torri ha conosciuto il fotografo Luigi Ghirri, chi era per lei?

«Era un amico, abbiamo fatto un pezzo di strada insieme come il lavoro Due fotografi per il teatro Bonci, realizzato nel 1983 e con le Esplorazio­ni sulla via Emilia del 1986, di cui alcuni scatti sono presenti nella nuova pubblicazi­one di Mack. Ci siamo conosciuti alla mostra che ho fatto insieme a Mario Cresci, fotografo ligure, invitato da Italo Zannier, docente di fotografia al DAMS, sostenuto dal direttore Renato Barilli. Era agli inizi degli anni ‘70, la brochure della mostra l’aveva scritta da Vittorio Sgarbi, all’epoca assistente del professore Zannier. All’inaugurazi­one erano venuti a salutarci da Modena Luigi Ghirri con la moglie Paola e Franco Fontana. Fu allora che lo conobbi».

C’è una foto che vorrebbe fare e non ha ancora fatto sulla via Emilia?

«Ce ne sono centinaia. Una che voglio fare è qui vicino a casa mia dove hanno buttato giù una casa per fare un parcheggio ed è rimasto in piedi un muro malandato. Ci passo tutti i giorni e ogni volta dico «domani vado a fotografar­lo» ma poi non lo faccio e mi arrabbio con me stesso perché poi viene il brutto tempo e rischio di non riuscire a fotografar­lo».

Particolar­i

Fotografo ciò che non è stato visto o ritenuto degno di attenzione. La fotografia è anche questo

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La cartina della Via Emilia. Sotto una scatto di «Per strada», il libro fotografic­o di Guidi

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