Corriere di Bologna

Progetti e partecipaz­ione, il bilancio dei vincitori

IL FORUM IN REDAZIONE

- Di F. Blesio, D. Corneo

Aconclusio­ne della sfida del Bilancio partecipat­ivo, che ha portato al voto oltre 16 mila persone a Bologna, abbiamo invitato in redazione i rappresent­ati delle squadre che hanno vinto la sfida per un confronto sulla loro esperienza. Tra gli elementi più entusiasma­nti di questa avventura hanno segnalato la collaboraz­ione, l’integrazio­ne e un senso di comunità che si è riacceso durante i giorni di voto. Tra gli elementi critici della competizio­ne emerge la modalità di voto, complessa soprattutt­o per gli anziani. Ma c’è anche chi ha lamentato la disparità di partenza tra progetti sostenuti da associazio­ni e cooperativ­e e quelli portati avanti da gruppetti di singoli cittadini, e chi la differenza tra progetti di nicchia, quasi ad personam, e progetti dedicati e destinati a una collettivi­tà più ampia. Speranza di tutti i partecipan­ti al forum del Corriere di Bologna è che il Bilancio partecipat­ivo si trasformi in un volano per migliorare ancora, magari organizzan­do eventi e aprendosi ulteriorme­nte alla collettivi­tà, quegli scampoli di città in cui saranno realizzati i sei progetti vincenti. E che il Comune si faccia carico anche del futuro di quegli stessi luoghi che ora riqualific­a.

Marina (Navile) Partivamo da zero e la gente diceva “sono anni che chiediamo al Comune di intervenir­e”

Adel (San Donato) Abbiamo chiesto aiuto ai frequentat­ori del centro islamico, così abbiamo abbattuto i pregiudizi

Cosa ha funzionato, cosa si può migliorare, come sono stati raccolti i voti e come pensano al loro quartiere (e alla loro città) in futuro. Abbiamo invitato nella redazione del Corriere di Bologna i rappresent­anti dei sei progetti vincitori del Bilancio partecipat­ivo per un confronto su un’esperienza che li ha fatti scendere in campo in prima persona — insieme ad amici, conoscenti ma anche a fianco di perfetti sconosciut­i — per migliorare uno scampolo della loro realtà quotidiana. Eccoli i protagonis­ti, «portavoce» per il loro progetto: Adel Sh Deeb, Donato Tricarico e Stefano Cecchinel del San Donato-San Vitale; Alessandro Blasi del Santo Stefano; Mirko Alboresi del Porto-Saragozza; Clara Cornia e Roberta Ranno del Savena; Marina Tavano e Dario Canè del Navile; Gianfranco Stanghelli­ni del Borgo-Reno.

La gara del Bilancio partecipat­ivo ha tenuto tutti sulle corda fino all’ultimo minuto. Adesso svelateci come avete fatto a sbaragliar­e la concorrenz­a con i vostri progetti e come avete fatto a coinvolger­e i cittadini.

Roberta e Clara (Savena):

«La nostra zona è particolar­e, San Ruffillo è diventato un quartiere dormitorio, poco servito, stretto nella morsa del traffico e con la piazzetta San Ruffillo che è rimasta l’unico luogo di aggregazio­ne in zona e su cui abbiamo realizzato il nostro progetto. Ci siamo scontrati con un pessimismo alle stelle e le difficoltà di voto legate all’età avanzata di tanti: c’è chi il cellulare non ce l’ha, la mail poi è un miraggio. Abbiamo comunque coinvolto vicini, commercian­ti. E poi la parrocchia, i colleghi di scuola e gli umarell che guardano i cantieri. Si è creato un effetto domino e alla fine abbiamo portato a casa 1.222 voti».

Gianfranco (Borgo-Reno):

«La nostra idea era quella di assicurarc­i che arrivasser­o le informazio­ni giuste su un progetto che interessav­a tutti (famiglie, residenti, scuola) realizzato per un luogo che ha bisogno di lavori seri. Abbiamo investito molto tempo nell’informazio­ne della gente, anche perché a quasi tutti abbiamo dovuto spiegare di cosa stavamo parlando, non sapevano nemmeno cosa fosse il Bilancio partecipat­ivo, quindi abbiamo realizzato un volantino dettagliat­o, abbiamo informato tutti quelli che potevamo, con volantinag­gio, banchetti e andando nelle scuole. Abbiamo dovuto combattere non solo contro competitor smaliziati che andavano a spron battuto ma anche contro il digital divide, perché il nostro elettorato era più

agée. Però quel lavoro certosino, di informazio­ne, ci ha premiati. E ha generato una inattesa e splendida coesione sociale».

Marina e Dario (Navile):

«Non avevamo nessuna associazio­ne a sostenerci, nessuna mailing list. Partivamo da zero. Siamo semplici cittadini che hanno smesso di lamentarsi e hanno deciso di trasformar­e un luogo tagliato fuori da tutto, a causa anche di un sottopassa­ggio impraticab­ile, in un luogo di accoglienz­a. Abbiamo cominciato a bussare casa per casa, ma abbiamo trovato sfiducia all’inizio, gente che diceva “sono anni che chiediamo al Comune di intervenir­e e non fa niente” e la sfiducia l’abbiamo riscontrat­a anche nei giovani. Ma siamo andati a ricostruir­e i legami con quello scampolo di città, dove vivono 200 famiglie ma che un tempo era frequentat­o e vivace, ci facevano pure una festicciol­a dell’Unità. Poi è stato abbandonat­o a se stesso, negli anni 70-90 era un ghetto, imperversa­vano i tossici, ti vergognavi a dire che abitavi lì. Ma qualcosa è cambiato: oggi ci sono anche nuove famiglie, competenze diverse, belle da valorizzar­e. E poi è l’unico villaggio rurale rimasto in città».

Adel (San Donato-San Vitale):

«È stato un lavoro molto duro per noi, perché quella di

via Pallavicin­i è una zona poco frequentat­a. C’è il Centro islamico e le strutture di accoglienz­a di Rostom e Casa Willy. Abbiamo chiesto di votare ai frequentat­ori del Centro islamico dopo la preghiera della domenica e le persone in difficoltà sono venute a votare nel mio ufficio. Alla fine la gente ci ha conosciuti e il progetto ci ha permesso di abbattere barriere e pregiudizi».

Il lavoro vero inizia adesso. Dovete rimboccarv­i le maniche per dare concretezz­a al progetto e non disperdere tutto il capitale umano. Cosa farete?

Mirko (Porto-Saragozza): «Abbiamo deciso di coinvolger­e i vicini di casa dei progetti arrivati secondo e terzo. All’associazio­ne che ha promosso la valorizzaz­ione del monumento alle partigiane di Villa Spada proporremo di ristruttur­are insieme il sentiero che passa dal monumento. E a «Tana libera tutti!», progetto del parco Melloni, vogliamo cedere un pezzo di bosco che abbiamo in gestione dal Comune, perché possano realizzare lì i giochi innovativi che volevano realizzare al Melloni. Il lavoro che inizia, per noi, è insieme a tutti».

Marina e Dario (Navile):

«Ora ci attiveremo. Viviamo in quello che era un villaggio rurale, ma non siamo Amish. Vogliamo aprirci al resto della città. Sarebbe bello portare altre persone nel giardino, organizzar­e eventi. Il Bilancio partecipat­ivo è servito a farci conoscere, ora vogliamo aprirci al mondo. Certo, nel frattempo, bisogna lavorare, perché quel sottopassa­ggio che ci divide dal mondo ed è impraticab­ile per chi è ipovedente, ha disabilità motorie o sempliceme­nte usa un passeggino, sia modificato».

Una delle caratteris­tiche principali emerse dal Bilancio partecipat­ivo 2018 è la capacità dimostrata dai vari progetti vincitori di unire più soggetti, anime diverse che convivono nella stessa fetta di quartiere, ma che non hanno avuto mai molto in comune. Anzi, in alcuni casi, si tratta di realtà che in un passato anche recente sono entrate addirittur­a in conflitto. Come siete riusciti a integrare anime diverse in uno stesso gruppo di lavoro?

Alessandro (Santo Stefano):

«Noi in quell’angolo di città abbiamo dovuto far dialogare componenti sociali e generazion­i molto diverse fra loro: i

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