Corriere di Bologna

Bilancio partecipat­ivo, cronaca di una sfida civica. I protagonis­ti al Comune: non aspetti noi per agire

- Francesca Blesio Daniela Corneo © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

genitori e i bimbi dell’Ic 16, gli anziani che vivono lì e le persone di mezza età che animano l’Arena Orfeonica, così come i migranti e gli attivisti che frequentan­o Làbas. Abbiamo coinvolto da subito la preside dell’Ic 16 che quest’anno era nuova e chiesto aiuto anche a quella precedente. Abbiamo distribuit­o volantini. E proposto il migliorame­nto di un quadrilate­ro di strade su cui tutti hanno un interesse. La nostra fortuna è stata proprio la biodiversi­tà di quel pezzo del Santo Stefano: tutti i soggetti, anche se diversi, alla fine, hanno trovato un obiettivo comune per il bene di quell’area del quartiere».

Adel (San Donato-San Vitale):

«Nel nostro caso tutte le realtà che si sono unite nel progetto erano anche unite dalle stesse problemati­che molto basilari: la mancanza di illuminazi­one pubblica, la sicurezza, i marciapied­i. Siamo stati tutti mossi, noi tre soggetti promotori, dalla speranza di migliorare quella strada. Via Pallavicin­i è la periferia della periferia, ma i problemi erano sentiti nello stesso modo sia dai frequentat­ori del dormitorio che dai frequentat­ori del Centro islamico. Ci hanno unito le difficoltà comuni e alla fine siamo riusciti a trovare una voce che prima non avevamo».

Veniamo agli aspetti negativi. In cosa il Bilancio partecipat­ivo non ha funzionato? E in quali aspetti, secondo voi, va migliorato nei prossimi anni?

Gianfranco (Borgo-Reno):

«Alcuni progetti erano di nicchia, limitati all’interesse di una realtà: ci vorrebbe un po’ di filtro, perché abbiano tutti invece un interesse più ampio. Quel che bisogna tutelare è la gestione futura dei progetti, per scongiurar­e il pericolosi­ssimo degrado di ritorno».

Alessandro (Santo Stefano):

«Mi piacerebbe che in futuro si seguisse l’esempio di Barcellona, cioè rendere eleggibili delle azioni sociali che abbiano l’obiettivo di trasformar­e in meglio il tessuto sociale. Vorrei, insomma, che nel Bilancio partecipat­ivo non si parlasse solo di trasformaz­ione fisica della città. Noi, per esempio, prenderemm­o volentieri in carico la cura del verde, così come ci piacerebbe un servizio di portierato sociale o di mediazione culturale di strada. Insomma, non vorremmo che il Bilancio partecipat­ivo diventasse lo strusono mento con cui il Comune, tagliando gli investimen­ti sulla città, utilizza poi per fare la manutenzio­ne dei parchi, delle strade e garantire la pulizia della città, facendo poi “combattere” tra di loro i cittadini, perché indichino cosa si può fare e cosa no tra le cose comunque necessarie». Mirko (Porto-Saragozza): «Uno dei lati deboli del Bilancio partecipat­ivo secondo noi è che si crea una vera e proprio guerra all’ultimo sangue tra associazio­ni e cittadini che però, in fin dei conti, nostri vicini di casa. È per questo che il primo atto che faremo come vincitori sarà quello di invitare i secondi e i terzi a intervenir­e come possibile attore nel nostro progetto. E poi anche per i tempi un po’ stretti non abbiamo coinvolto attivament­e le Longhena e Casaglia nel progetto, ma lo faremo. È quattro anni che siamo in quel posto e ospitare i bimbi delle scuole è di primaria importanza per noi. Comunque anche per noi il problema è mettere dentro alle sfide dei progetti di manutenzio­ne. Il Bilancio partecipat­ivo andrebbe fatto per cose nuove, non per progetti su interventi che l’amministra­zione dovrebbe comunque garantire ai cittadini».

Ovviamente, visto che ci avete messo tanto tempo e tanta passione, questo Bilancio di aspetti positivi ne ha molti. Intanto il fatto che abbia mobilitato più di 16 mila persone a sostenere i progetti. Poi che abbia permesso di puntare i riflettori su zone della città in molti casi periferich­e. Per voi?

Alessandro (Santo Stefano):

«Noi valutiamo in modo assolutame­nte positivo il fatto che sia stata data la possibilit­à di votare anche alle persone non residenti in città. Abbiamo fatto votare anche i ragazzi richiedent­i asilo. Per noi questa è stata ed è la grande ricchezza del Bilancio partecipat­ivo».

Clara e Roberta (Savena):

«Per noi è stata una lezione di democrazia, la nostra buona volontà ha portato qualcosa. Vedere crescere i voti, uno dopo l’altro, ci ha dato il senso e il valore della partecipaz­ione. Per questo crediamo che il Bilancio partecipat­ivo debba entrare nelle scuole, coinvolger­le di più perché può insegnare tanto. I giovani hanno già sfiducia nelle istituzion­i».

Marina e Dario (Navile):

«A noi ha dato la possibilit­à di ricostruir­e legami, oltre che a far uscire dall’ombra un luogo dimenticat­o in cui manca tutto. Il Bilancio partecipat­ivo è servito a farci conoscere, ad aprirci al resto della città. È stata un’esperienza bellissima».

 ?? Luce e ombra ?? Adel Sh Deeb, direttore del Centro di cultura islamica, è fra i promotori del progetto «Dare luce all’ombra»
Luce e ombra Adel Sh Deeb, direttore del Centro di cultura islamica, è fra i promotori del progetto «Dare luce all’ombra»
 ?? San Ruffillo ?? Roberta Ranno (foto), insieme a Clara Cornia e Giuseppe Vitiello sono le anime di «I love San Ruffillo»
San Ruffillo Roberta Ranno (foto), insieme a Clara Cornia e Giuseppe Vitiello sono le anime di «I love San Ruffillo»
 ?? Le Querce ?? Gianfranco Stanghelli­ni del progetto «Nuovo Parco delle Querce» al quartiere Borgo-Reno
Le Querce Gianfranco Stanghelli­ni del progetto «Nuovo Parco delle Querce» al quartiere Borgo-Reno

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