Il ricordo delle leggi razziali all’archivio storico
1938-2018 LA VERGOGNA DELLE LEGGI RAZZIALI A BOLOGNA
Conservare la memoria dev’essere un esercizio quotidiano. Ecco perché, appuntamenti come quello odierno, all’Archivio storico comunale, in via in via Tartini 1, sono da segnare in agenda. Alle 17.30 lo storico Roberto Finzi terrà una lezione magistrale su «Le leggi razziali e la persecuzione degli ebrei a ottanta anni dalla loro promulgazione». Lo farà partendo dai documenti presenti in archivio, quindi da pagine di storia di Bologna.
Come ricorda Finzi, «non dimenticare è fondamentale perché la modernità non è indenne da essere strumento di idee oscurantiste». Se crediamo di essere al sicuro, se pensiamo che una storia così vergognosa, come quella della Shoah, sia irripetibile sbagliamo di grosso. «La Shoah — ammonisce il professore — è un esempio di modernità applicata al razzismo. I forni crematori erano fabbriche moderne solo che al posto di una macchina o di una bottiglia di brandy il loro prodotto era la morte. Riflettere sull’odio verso gli ebrei è drammaticamente attuale. Il meccanismo dell’antisemitismo era ed è quello del capro espiatorio: ‘le cose non funzionano, trovi qualcuno a cui addossare le colpe’. E anche oggi siamo di fronte a una continua ricerca di capri espiatori».
Nel 1938 anche a Bologna si scrive una delle pagine più nere della storia italiana. «Succede quel che succede in tutta Italia. Che agli ebrei vengono per legge vengono proibite una serie di attività, vengono sottratti diritti, diventano cittadini di serie B. In particolare gli ebrei vengono espulsi dalle scuole sia come allievi sia come insegnanti. L’unica eccezione riguarda gli universitari cui è concesso di concludere il proprio corso di studi. Io non le chiamo leggi razziali, ma razziste e antiebraiche. In Italia erano meno sanguinarie, ma ciò non toglie che fossero vergognose. E ci fu un silenzio assordante. Purtroppo anche in questo mondo caratterizzato da straordinarie tecnologie, razzismo e antisemitismo continuano a vivere: l’idea dominante è che ‘non è mai colpa del vicino di casa, ma del nero di turno’».
A Bologna l’elemento forse più caratterizzante allora fu il numero notevolissimo di professori che vennero espulsi, «con episodi abbastanza singolari: come quello di Mario Camis, nato ebreo poi battezzatosi, divenuto cattolico devoto, dopo le leggi addirittura prese i voti e divenne domenicano. Eppure venne anche lui mandato via dall’università». Italiani brava gente, non proprio, quindi. «Secondo una fola ancor oggi presente, si dice che gli italiani furono contro. Ma in realtà quasi nessuno segue l’esempio di Bontempelli e di Bianchi Bandinelli che rifiutarono incarichi da cui erano stati sollevati altri colleghi in quanto ebrei. Le cose cambiano quando dopo l’8 settembre del ‘43 i nazisti occupano l’Italia. Gli ebrei diventano i nemici dei nemici, quindi alleati e vengono aiutati. Io, figlio di padre ebreo, con la mia famiglia sono stato nascosto da contadini dell’Appennino: se non fosse stato per loro, ora non sarei qui. Questo però non riguarda tutti: i fascisti di Salò collaborarono ampiamente con i tedeschi a mandare ad Auschwitz numerosi ebrei italiani come ad esempio i miei nonni».
” La modernità non è indenne da essere strumento di idee oscurantiste