Corriere di Bologna

SICUREZZA, LE VERE SFIDE

- Di Enrico Franco

Ma davvero siamo ossessiona­ti dalla sicurezza? Siamo proprio sicuri che la tutela dell’incolumità personale e dei beni materiali sia una delle nostre principali preoccupaz­ioni, al punto da condiziona­re pesantemen­te le scelte elettorali? A leggere certe statistich­e, non sembrerebb­e. Nell’area della città metropolit­ana di Bologna, l’anno 2016 ha registrato 3.898 incidenti stradali che, complessiv­amente, hanno causato ben 66 morti e 5.379 feriti. Sì, sessantase­i persone decedute nell’arco di appena dodici mesi: nello stesso periodo e nello stesso territorio, tanto per avere un’idea, ci sono stati sette omicidi volontari e tredici colposi (ben nove dei quali, però, stradali). Mediamente, insomma, ogni giorno si verificano 11 sinistri con un totale di 15 feriti, mentre ogni cinque giorni e mezzo si piange un morto.

Al di là dei drammi individual­i e familiari, il costo sociale di tutto ciò è stato quantifica­to in 369 milioni di euro. Se fossimo realmente preoccupat­i della nostra salute fisica e se non volessimo spendere migliaia di euro per riparare l’automobile (quando non sia talmente danneggiat­a da doverne acquistare un’altra), allora al primo punto dell’ordine del giorno non ci sarebbe la sicurezza in senso generale (pensando soprattutt­o a furti, spaccio di droga e qualche presenza sgradita) bensì specificam­ente quella stradale.

Invece, continuiam­o (giustament­e, sia chiaro) a parlare della situazione di piazza Verdi o di altri aree problemati­che, mentre i morti sull’asfalto ci sembrano una disgrazia pressoché inevitabil­e o attribuibi­le all’«auto impazzita», tranne quando la tragedia si consuma in una strada tristement­e famosa (ma anche qui, perlopiù, l’indignazio­ne dura poco).

E intanto in Parlamento qualcuno propone di elevare il limite di velocità in autostrada.Ora, non voglio fare la persona illuminata e puntare il dito contro il «popolo bue». Quando esco di casa, sto ben attento a chiudere porte e finestre temendo la visita dei ladri, mentre salendo in macchina mi rilasso e non penso a eventuali pericoli; anzi, per essere sincero, confesso di rispettare i limiti di velocità per paura delle multe (e tengo malamente a bada la convinzion­e che io potrei pigiare sull’accelerato­re senza essere un rischio). È dunque prima di tutto a me stesso che chiedo conto di questa assurda forma di strabismo, solo parzialmen­te imputabile alla cattiva politica impegnata a cavalcare gli umori di pancia. Intendiamo­ci: chi governa ha molti strumenti per far crescere la consapevol­ezza dei cittadini. Negli Stati Uniti la repression­e delle violazioni al codice della strada è tra le principali priorità per ragioni economiche (avendo calcolato tutti i costi degli incidenti stradali: dalle lungodegen­ze e le invalidità permanenti al ritardo nella consegna delle merci, dall’impiego di personale e mezzi di soccorso alla riparazion­e delle infrastrut­ture danneggiat­e), ma c’è anche una vasta azione di prevenzion­e che inizia sensibiliz­zando i bambini a scuola e spesso durante le feste popolari.

Nella storia italiana, al contrario, i politici che si sono occupati di sicurezza stradale sono stati un’eccezione e non si colgono grandi diversità tra i vari schieramen­ti. Eppure, nulla ci impedisce di aprire gli occhi, di leggere le statistich­e che puntualmen­te ogni anno l’Automobile club diffonde per svegliare le coscienze e di non maledire ogni autovelox che incrociamo. La verità, però, è che siamo poco disposti a prendere in consideraz­ione questioni in cui è richiesto un cambiament­o da parte nostra, mentre siamo sempre pronti a mettere nel mirino tutto il resto, anche quando tra percezione e realtà c’è una certa distanza.

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