SICUREZZA, LE VERE SFIDE
Ma davvero siamo ossessionati dalla sicurezza? Siamo proprio sicuri che la tutela dell’incolumità personale e dei beni materiali sia una delle nostre principali preoccupazioni, al punto da condizionare pesantemente le scelte elettorali? A leggere certe statistiche, non sembrerebbe. Nell’area della città metropolitana di Bologna, l’anno 2016 ha registrato 3.898 incidenti stradali che, complessivamente, hanno causato ben 66 morti e 5.379 feriti. Sì, sessantasei persone decedute nell’arco di appena dodici mesi: nello stesso periodo e nello stesso territorio, tanto per avere un’idea, ci sono stati sette omicidi volontari e tredici colposi (ben nove dei quali, però, stradali). Mediamente, insomma, ogni giorno si verificano 11 sinistri con un totale di 15 feriti, mentre ogni cinque giorni e mezzo si piange un morto.
Al di là dei drammi individuali e familiari, il costo sociale di tutto ciò è stato quantificato in 369 milioni di euro. Se fossimo realmente preoccupati della nostra salute fisica e se non volessimo spendere migliaia di euro per riparare l’automobile (quando non sia talmente danneggiata da doverne acquistare un’altra), allora al primo punto dell’ordine del giorno non ci sarebbe la sicurezza in senso generale (pensando soprattutto a furti, spaccio di droga e qualche presenza sgradita) bensì specificamente quella stradale.
Invece, continuiamo (giustamente, sia chiaro) a parlare della situazione di piazza Verdi o di altri aree problematiche, mentre i morti sull’asfalto ci sembrano una disgrazia pressoché inevitabile o attribuibile all’«auto impazzita», tranne quando la tragedia si consuma in una strada tristemente famosa (ma anche qui, perlopiù, l’indignazione dura poco).
E intanto in Parlamento qualcuno propone di elevare il limite di velocità in autostrada.Ora, non voglio fare la persona illuminata e puntare il dito contro il «popolo bue». Quando esco di casa, sto ben attento a chiudere porte e finestre temendo la visita dei ladri, mentre salendo in macchina mi rilasso e non penso a eventuali pericoli; anzi, per essere sincero, confesso di rispettare i limiti di velocità per paura delle multe (e tengo malamente a bada la convinzione che io potrei pigiare sull’acceleratore senza essere un rischio). È dunque prima di tutto a me stesso che chiedo conto di questa assurda forma di strabismo, solo parzialmente imputabile alla cattiva politica impegnata a cavalcare gli umori di pancia. Intendiamoci: chi governa ha molti strumenti per far crescere la consapevolezza dei cittadini. Negli Stati Uniti la repressione delle violazioni al codice della strada è tra le principali priorità per ragioni economiche (avendo calcolato tutti i costi degli incidenti stradali: dalle lungodegenze e le invalidità permanenti al ritardo nella consegna delle merci, dall’impiego di personale e mezzi di soccorso alla riparazione delle infrastrutture danneggiate), ma c’è anche una vasta azione di prevenzione che inizia sensibilizzando i bambini a scuola e spesso durante le feste popolari.
Nella storia italiana, al contrario, i politici che si sono occupati di sicurezza stradale sono stati un’eccezione e non si colgono grandi diversità tra i vari schieramenti. Eppure, nulla ci impedisce di aprire gli occhi, di leggere le statistiche che puntualmente ogni anno l’Automobile club diffonde per svegliare le coscienze e di non maledire ogni autovelox che incrociamo. La verità, però, è che siamo poco disposti a prendere in considerazione questioni in cui è richiesto un cambiamento da parte nostra, mentre siamo sempre pronti a mettere nel mirino tutto il resto, anche quando tra percezione e realtà c’è una certa distanza.