«Filtri e sistemi sofisticati, così abbiamo messo in sicurezza le sei macchine sotto accusa»
Un sistema di captazione di eventuali aerosol e filtri assoluti al momento dell’immissione dell’acqua. Il Sant’Orsola, dove ogni anno si fanno in media mille interventi con l’utilizzo della circolazione extracorporea, è corso subito al riparo per mettere in sicurezza sei dei suoi dieci scambiatori di calore, sotto accusa per le infezioni dal batterio Chimera.
Gianbattista Spagnoli, direttore sanitario del Sant’Orsola, quante macchine avete?
«Il parco macchine di scambiatori di calore, che garantiscono una certa temperatura del sangue durante la circolazione extracorporea, è consistente. Ne abbiamo in funzione dieci, di cui sei prodotte dall’azienda Stockert di Friburgo, e quattro da altre aziende».
Cosa avete fatto a quelle che sono sospettate di aver diffuso il batterio in sala operatoria a pazienti poi deceduti, sei nel Veneto e due a Reggio Emilia?
«Su sollecitazione della stessa azienda produttrice a gennaio abbiamo messo dei sistemi di captazione su tutte le macchine per evitare la possibilità di formazione di aerosol».
Quindi non le avete sostituite?
«No. Di nostra iniziativa abbiamo messo anche dei filtri assoluti per eliminare il rischio di contaminazione dell’acqua a monte. Questi filtri infatti depurano l’acqua al 99,9% e sono usati in quelle situazione in cui si vuole abbattere il rischio».
Perché avete preso anche questa precauzione?
«È una cautela in più per mettere in sicurezza un blocco operatorio dove avvengono operazioni a cuore aperto».
Non avete accertato infezioni finora. Siete tranquilli?
«L’attività di cardio-chirurgia può prevedere che insorgano infezioni, ma non abbiamo segnalazioni specifiche. Stiamo tuttavia controllando il pregresso come richiesto dalla Regione. Non mi sento di dire ora che siamo certamente a posto. Le misure che abbiamo adottato dovrebbero garantirci per il futuro».