Ma che pubblico al PalaDozza...»
A undici anni dall’esperienza con la Fortitudo il coach veneziano torna a Bologna con Ravenna: «Fortissimi ma è presto per parlare di un campionato già chiuso»
Alla guida della OraSì Ravenna, dove ha preso il posto proprio di Antimo Martino, Andrea Mazzon incrocia per la prima volta la Fortitudo undici anni dopo averla allenata. Un’esperienza breve durante la quale gli successe di tutto, da un grave incidente domestico con una sega circolare alla vittoria nel derby numero 100 fino all’esonero, l’ultimo giorno del 2007. «Sul piano personale un anno assurdo, scelta che non rifarei. Stavo da dio in Grecia, avevo un ottimo contratto con l’Aris e facevo l’Eurolega. Mi feci ingolosire dall’idea di un ritorno in Italia dalla porta principale, Sacrati parlava di grandi progetti. Una cosa però non rimpiango di certo: aver conosciuto quel mondo».
L’ambiente attorno alla squadra?
«Proprio quello. La gente, la Fossa, l’amore incondizionato per un simbolo. Credo di saperne qualcosa: sono stato sei anni in Grecia, di cui quattro all’Aris, dove la passione tocca livelli da noi inimmaginabili. E poi il PalaDozza, nel suo genere unico».
Lei però non ci mette piede da allora...
«Strano ma vero, è passata una vita. Con la Reyer ho giocato diverse volte a Casalecchio, poi sono stato un bel po’ in giro, lontano dall’Italia».
Ha allenato in America, in Russia, in Cina…
«Scherzando dico sempre che mi manca solo l’Australia, e chissà un giorno… Sarei rimasto volentieri a Philadelphia, ero nell’organizzazione dei Sixers, poi cambiò tutto di colpo, avevo sacrificato molto per arrivarci ma è stato bello lo stesso. Ogni esperienza mi ha dato qualcosa, anche se in Italia si apprezza poco di quel che succede fuori».
E poi è finito a Ravenna… «A riscoprire il bello della provincia italiana. Qualità della vita altissima, tutto ben curato, si lavora bene e c’è progettualità. L’altro giorno