Ginzburg confronta il disincanto di Macchiavelli e il moralismo di Pascal
Ogni nuovo libro di Carlo Ginzburg è una sfida a usare dettagli apparentemente secondari per ricostruire trame complesse. Su tale strada ermeneutica si colloca pienamente l’ultima sua pubblicazione per Adelphi Nondimanco. Machiavelli, Pascal. Un volume che propone una giustapposizione sorprendente tra due intellettuali distanti: lo studioso disincantato della politica e il grande pensatore moralista. Il libro sarà presentato dall’autore con Gaetano Lettieri oggi alle 17.30 allo Stabat Mater dell’Archiginnasio per «Le voci dei libri», rassegna di Istituzione biblioteche del Comune e Librerie Coop. Il professore ha insegnato Storia moderna a Bologna dal 1970 al 1988, mantenendo casa nella nostra città. Ha indirizzato da sempre la sua ricerca a ricostruire quadri culturali da notizie appena lampeggianti dalle pieghe dei documenti. Così nei suoi primi studi su certi processi dell’inquisizione, I benandanti e poi Storia notturna, cercava di restituire la mentalità degli inquisiti e le tradizioni folkloriche che giacevano sotto riti bollati come stregoneschi; per continuare con esplorazioni in campi diversi con Indagini su Piero (della Francesca) e Miti emblemi spie. Ora va a rintracciare in Machiavelli tracce della casistica medievale, con ascendenze in Aristotele, per meglio intendere nell’opera del fiorentino l’erompere dell’eccezione alle giuste norme per governare lo Stato, segnalata da quel termine,«nondimanco», che ricorre ogni volta che il pensatore voglia allargare le possibilità del buon governo ideale alle reali occorrenze della vita degli Stati, da affrontare a volte rinunciando cinicamente ai principi generali. Ginzburg indaga nella biblioteca del padre del giovane Nicolò, con una riflessione che variamente si distende dal Principe ai Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, senza negarci una citazione de La mandragola, dove un frate corrotto convince una moglie onesta di come sia lecito tradire il marito per trarre un bene spirituale maggiore da un apparente peccato della carne. Parole come «virtù» vengono smontate nei significati di qualità morale ma anche di forza per il dominio di un signore che deve essere centauro, metà uomo e metà bestia. Il libro si chiude con il moralismo ironico delle lettere Provinciali di Pascal, contro la casistica dei gesuiti, con una struttura dialogica basata sull’ironia che finirà per fornire all’Illuminismo argomenti per smontare l’acquiescenza alla religione come strumento di potere.