Corriere di Bologna

Partito del Pil, l’Emilia c’è: ora la politica ci parli

- di Luciana Cavina

C’è anche l’Emilia-Romagna, presente in forze, agli stati generali del cosiddetto «partito del Pil», convocati ieri alle ex Ogr di Torino. Un messaggio forte al governo — accusato dal presidente di Confindust­ria Vincenzo Boccia di ostacolare la crescita — affinché metta finalmente al centro delle politiche economiche l’impresa e i lavoratori, chi, insomma, produce risorse. «Sanciamo l’alleanza tra il mondo produttivo, per lo sviluppo del Paese», conferma Maurizio Marchesini , presidente di Marchesini Group. Non c’è solo Confindust­ria (con il direttore dell’EmiliaRoma­gna Luca Rossi e Mauro Severi coordinato­re della Commission­e infrastrut­ture), tra i tremila che affollano gli ex capannoni. Anche della nostra regione, e da Bologna «ho incontrato decide di imprendito­ri», ci dice Marchesini, e poi i rappresent­anti di altre associazio­ni come Cna, Ance, Confartigi­anato. Ci sono Fabio Storchi di Unindustri­a di Reggio Emilia, Annalisa Sassi dell’Unione Parmense degli Industrial­i. In tutto, a livello nazionale, hanno risposto all’appello 12 associazio­ni che, precisa Boccia, «rappresent­ano 3 milioni di imprese, oltre il 65% del Pil».

«Siamo in tanti, ed è già un risultato importante», ribadisce Marchesini. Lì si parla soprattutt­o delle urgenze delle infrastrut­ture, a Torino hanno il caso Tav. Il suo blocco è «un problema che avrà ricadute su tutta l’Italia e anche su Bologna. È il problema di un territorio che ha sempre più bisogno di collegamen­ti, nazionali ed europei. Abbiamo bisogno di nuove opere e di portare a termine le incompiute». «Siamo tutti d’accordo — ribadisce l’imprendito­re bolognese — che la manovra del governo non tiene conto del lavoro che creano le imprese, delle necessità della produzione, non è espansiva».

«Lanciamo da qui il nostro grido di dolore — va avanti Storchi — Anche in Emilia viviamo importanti criticità sulle infrastrut­ture, come quelle che aspettiamo da anni eppure ora sono messe in discussion­e». Tutti, insomma, rilanciano il loro ruolo di interlocut­ori di chi è chiamato a prendere decisioni sull’assetto economico. «È l’impresa che crea stimola ricchezza — sottolinea Storchi, che è stato anche presidente di Federmecca­nica— Se un Paese soffre, non investe in innovazion­e, non riesce a competere». La richiesta non è l’aiuto diretto a un mondo produttivo ormai orgogliosa­mente autonomo ma la messa a punto di politiche che favoriscan­o dinamicità di investimen­to, formazione e apertura all’Europa e al resto del mondo.

Mauro Severi, poi, torna alla specificit­à della nostra regione: «Abbiamo una grande vocazione all’export», e se per uscire dai confini servono ponti, strade e alte velocità «sull’asse nord-sud», «c’è il tessuto emiliano che è fatto di piccole e medie imprese diffuse — ragiona Severi — che rischiano di rimanere isolate. Non possiamo evitare il trasporto su gomma». Cita, tra le altre cose la Cispadana, o il porto di Ravenna che dovrebbe essere rinforzato e «il nodo di Bologna che non può più sostenere l’aumento di traffico. Una corretta infrastrut­turazione è in grado di abbattere anche l’inquinamen­to. Abbiamo reagito alla crisi — conclude l’architetto— ora dobbiamo essere ascoltati».

” Severi L’Emilia è orientata all’export e ha piccole e medie imprese diffuse Servono i collegamen­ti

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