Corriere di Bologna

Profughi, la difesa di Piantedosi

Il capo di gabinetto di Salvini in città per un’iniziativa della polizia. «Nelle strutture solo chi ha bisogno» L’ex prefetto torna a Bologna e rintuzza le critiche: «A regime, accoglienz­a migliore»

- Rotondi

Difende a spada tratta, e non poteva essere altrimenti, il decreto del suo ministro e liquida le critiche di amministra­tori, sindaco Merola compreso, ed esperti del settore sul rischio che i profughi usciti dal sistema Sprar si riversino in strada: «Una volta a regime ci saranno più aventi diritti, ma quel beneficio non va inflaziona­to», dice l’ex prefetto Piantedosi, ora capo di gabinetto di Salvini.

Difende a spada tratta — e non poteva essere altrimenti — il decreto del suo ministro che tante polemiche ha sollevato in queste settimane e invita a giudicarne gli effetti in una prospettiv­a di lungo periodo. Una posizione scontata quella dell’ex prefetto Matteo Piantedosi, voluto fortemente dal vicepremie­r Salvini al timone del suo ufficio di gabinetto al Viminale, che liquida con poche ma ferme parole le vibranti proteste e gli allarmi lanciati da sindaci e amministra­tori sugli effetti del decreto sull’immigrazio­ne e sul superament­o (se non l’azzerament­o) del sistema Sprar.

Questione di ruoli, di governi e di tempi. Sono lontani quelli in cui il prefetto di Bologna sferzava i sindaci arrivando a minacciare le requisizio­ni di immobili e strutture sul loro territorio se non avessero risposto alla richiesta di accoglienz­a che proveniva anzitutto da Roma, con il governo Renzi prima e Gentiloni poi. Tempi in cui riceveva l’apprezzame­nto incondizio­nato del sindaco Virginio Merola, ora schierato in prima fila contro il decreto sicurezza firmato da Salvini. Per Piantedosi, intervenut­o ieri sotto le Due Torri a un evento dell’Associazio­ne Donatorina­ti della polizia di Stato, l’allarme sulle centinaia di profughi che usciranno dai percorsi di accoglienz­a, con la concreta possibilit­à di finire in strada o peggio tra le braccia della criminalit­à, lanciato a più riprese da amministra­tori e responsabi­li delle strutture, è ingiustifi­cato e parte da una visione distorta dello spirito del provvedime­nto. «Stimiamo che tra un anno o due, quando ci sarà la piena attuazione della legge, avremo un numero complessiv­o di persone titolari di permesso di asilo e protezione internazio­nale maggiore di quello di adesso per quanto riguarda lo Sprar».

La prospettiv­a, sottolinea il funzionari­o che con il ministro Salvini è finito indagato e poi archiviato per la gestione dei profughi della nave Diciotti, è un’altra. Con la piena attuazione del decreto, sottolinea, le risorse verranno destinate a chi ne ha effettivam­ente diritto: «Inflaziona­re un beneficio rispetto a coloro che non ne hanno bisogno depotenzia la possibilit­à di favorire la vera integrazio­ne. Questo è stato lo spirito della legge», puntualizz­a Piantedosi che respinge anche le critiche per gli allontanam­enti di richiedent­i asilo dai Cara, come di recente avvenuto in Calabria. «Già prima i titolari di protezione umanitaria non avevano titolo a rimanere nei Cara. C’erano verifiche periodiche delle Prefetture. È successo anche adesso e qualcuno lo ha attribuito al decreto sicurezza, ma non è affatto vero». Un punto di vista corretto anche se all’epoca le prefetture chiudevano un occhio e pure l’altro. Del resto erano quelle le indicazion­i che arrivavano da Roma e i rappresent­anti del governo non potevano non adeguarsi.

Ma il tema caldo resta il destino dei tanti che secondo stime e proiezioni usciranno dal sistema Sprar perché senza più titolo e finiranno in strada. A Bologna, ha calcolato l’assessore comunale al Welfare Giuliano Barigazzi, saranno un migliaio nei prossimi due anni. Anche su questo fronte Piantedosi ha però una visione diversa: «Non è vero. Da questo punto di vista non è cambiato nulla rispetto alle possibilit­à che si disciplina­sse il rapporto tra posizione legale e posizione irregolare. Gli effetti si vedranno tra qualche mese, vedrete che non è così».

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