Martino:«Ci servirà da lezione»
Senza Hasbrouck la Effe incassa la prima sconfitta della stagione dopo 12 partite
volte pacato a fronte di vittorie roboanti, Antimo Martino ha incassato con la stessa inalterata freddezza («Solo una giornata no») anche la prima sconfitta della stagione in Fortitudo, minimizzandone gli effetti. Servirà un po’ di tempo per sapere se quella di Piacenza sia stata solo una scivolata occasionale, con la robusta attenuante dell’assenza di Kenny Hasbrouck, e non il segnale di qualcosa di più preoccupante: la prossima partita è solo martedì 11, in casa con Cento.Domenica si è completato il primo terzo di campionato, nel quale tra l’altro la Effe ha giocato 6 volte fuori e 4 in casa. Tenendo questo passo la proiezione sarebbe un bilancio finale 27-3, con quasi certo primo posto e promozione a passo di record (appartiene a Capo d’Orlando, nel 2005 sole 3 sconfitte in 30 partite).
Però la banale lezione subita domenica è che per sbandare basta un attimo («Ci serva da insegnamento, mai abbassare la guardia» dice ancora Martino), che l’imbattibilità non è di questo mondo e che l’A2 nasconde sempre trappole nei posti più impensati, come il piccolo PalaBakery. A volta può bastare un microplaymaker di 36 anni (Marques Green in un colpo solo ha fatto due record stagionali del campionato, assist e recuperi, 12 e 6), o un tiratore lunatico (Alan Voskuil, 8/10 da tre), o un cen- trone brutto da vedere e appassito (Andrea Crosariol, 5 stoppate e mille parabole di tiro cambiate) per mettere nel sacco la ben più attrezzata capolista.
La Bakery una partita così, 52% da tre e 21 assist, non l’aveva mai fatta e chissà quando la rifarà. Anche per questo rimuginare su una serata storta è probabilmente inutile.La Lavoropiù che finora aveva sempre ammazzato le partite negli ultimi quarti dovrebbe piuttosto ragionare sul fatto che non è sempre automatico venir fuori alla diTante stanza, che la profondità della sua panchina non è garanzia di successo nei finali, neanche contro squadre molto corte come la Bakery.
Finora aveva vinto il quarto finale sette volte su nove, spesso largamente (di 8 a Verona, di 9 con Ravenna, di 12 a Porto San Giorgio, addirittura di 16 con Mantova), e le uniche due volte in cui l’ha perso (Imola e Udine in casa, -2 e -4) il risultato ormai non era più in discussione. Brutto soprattutto il 13-2 incassato negli ultimi 5 minuti di domenica, primo serio blackout della stagione: come altre volte la partita di Piacenza la si poteva azzannare prima (striminzito il +3 dell’intervallo), leggendo meglio la trama di una battaglia molto fisica dentro le aree, con l’attacco fermo al minimo stagionale (72 punti) perché intestarditosi ad andar dentro, per raccogliere appena il 31% da due su 45 tentativi.
E per una volta la spallata finale l’hanno data gli altri. Una volta ogni dieci può anche succedere.