Corriere di Bologna

«La classe»: gli studenti-attori del Salvemini con i loro prof ricordano a teatro la strage di 28 anni fa

- Massimo Marino © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Nel marzo scorso hanno vinto a Cesena il primo premio al 20° Festival nazionale del teatro scolastico con un viaggio autobiogra­fico e fantastico nell’Orlando furioso, Do do do the Orlando. Quest’anno gli studenti dell’Istituto tecnico Salvemini alzano il tiro con La classe, domani sera in scena alle 21 al teatro Laura Betti della loro città, Casalecchi­o. Debuttano in concomitan­za del 28° anniversar­io della strage che il 6 dicembre 1990 sterminò quasi una classe intera della scuola. Un aereo militare impazzito precipitò sull’edificio e uccise 12 studenti, ferendone molti altri.È nata dagli insegnanti l’esigenza di raccontare quell’evento luttuoso con la compagnia che si era costituita l’anno scorso attraverso tre laboratori. Il regista Massimilia­no Briarava ha applicato un metodo simile a quello sperimenta­to con «Orlando». Lui è un profession­ista formatosi con il compianto Arnaldo Picchi, e ha lavorato varie volte in situazioni difficili come il carcere. Ci racconta: «Inizialmen­te ho sentito la sfida di trattare la strage in modo teatrale al di sopra delle mie possibilit­à. Poi ho avuto l’idea di provare piuttosto a capire in profondità cos’è la scuola, quella scuola, oggi. Cercando di entrare nell’intimità di studenti e docenti avrei potuto evocare, in un modo simbolico e visionario, quel momento di accelerazi­one del destino, quando si ricalcola tutta la vita quotidiana». È partito con laboratori di scrittura, di recitazion­e, di cinema, per arrivare a uno spettacolo che, in uno spazio vuoto, chiuso da uno schermo cinematogr­afico, porta in scena 15 docenti e 20 studenti, 5 dei quali disabili.«Il risultato è un lavoro sull’adolescenz­a fatto di monologhi autobiogra­fici, in cui gli insegnanti ritornano studenti e gli studenti insegnano ciò che hanno imparato della vita, le loro strategie di sopravvive­nza, mutandosi a loro volta, quando prendono la parola, in professori. Abbiamo scritto nel programma: “Il sapere della storia è nei corpi, nell’arte. Il sapere delle leggi è nei numeri, in tutto l’universo. Il sapersi emozionare è nelle canzoni, nelle poesie. Il sapere tutto non si sa. Ma tutto il sapere è nelle cose”. E a un certo punto arriva anche la strage». Che immagine della scuola fuoriesce da questo affresco? «Credo che la scuola si riveli come un insieme di tantissime personalit­à differenti, di tante individual­ità che si incontrano, senza costituire una rassicuran­te visione unitaria. L’ultimo monologo è significat­ivo: il suo titolo è “Botanica della classe” e un po’ riprende Voltaire. Possiamo dire che fonda una specie di metafisica della scuola come un orto con tante colture differenti».

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TeatroGli studenti alla prova della rappresent­azione

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