Crac Fortitudo, quattro anni per bancarotta a Gilberto Sacrati
Condannato per bancarotta l’ex patron che secondo l’accusa occultò i beni della Effe prima del fallimento Due anni anche all’ex direttore amministrativo Corbisiero. Due milioni al curatore, la difesa: faremo appello
L’ex patron della Fortitudo Gilberto Sacrati è stato condannato a 4 anni per bancarotta per il crac della società di basket. Per l’accusa avrebbe distratto fondi dalle casse dell’Aquila prima del fallimento. Seconda condanna in pochi mesi. La difesa: faremo appello.
Un’altra tegola sulla testa dell’ex patron della Fortitudo Gilberto Sacrati. La seconda sezione penale del Tribunale di Bologna lo ha condannato ieri nel processo di primo grado a quattro anni di reclusione per il crac della Fortitudo. Due anni di condanna invece per il suo ex braccio destro e direttore amministrativo della società Davide Corbisiero. E maxi provvisionale di due milioni di euro per la parte civile, rappresentata dal curatore del fallimento.
La sentenza riguarda la presunta dissennata gestione che nel 2012 portò al naufragio della società, mettendo a rischio la stessa sopravvivenza dell’Aquila, poi salvata da altri imprenditori. Sacrati rispondeva di quanto fatto tra il 2007 e il 2010, prima in qualità di presidente del cda, in seguito in quanto amministratore unico fino alla data del fallimento. Diversi i profili contestati dall’accusa: l’aver dirottato pagamenti a favore di alcuni creditori, tra cui società controllate dallo stesso Sacrati, a scapito di altri, l’aver distratto beni materiali, cellulari, mobili e altro, ma soprattutto aver ritoccato i libri contabili per far apparire i debiti con il Fisco meno pesanti di quello che erano, cioè 5,4 milioni di euro. Nel capo di imputazione, il pm Giuseppe Di Giorgio, poi sostituito nel dibattimento da Michele Martorelli, rilevò anche un presunto credito di 6 milioni vantato nei confronti del Comune per il mutuo del Paladozza, oltre all’occultamento delle perdite legate al Parco delle Stelle, lo spettacolare progetto finito in un flop.
La sentenza per il crac Fortitudo arriva alla fine di un anno che si era aperto con un’altra condanna per Sacrati e il suo ex braccio destro. A gennaio, infatti, un altro collegio di giudici aveva inflitto una pena rispettivamente di 3 anni e 6 mesi e di 2 anni e 4 mesi ai due ex soci, sempre per bancarotta fraudolenta ma in quel caso della società immobiliare Ripresa, gravata da un buco di 38 milioni e da cui, avevano stabilito i giudici, erano stati drenati quattro milioni di euro verso altre società controllate, in primis la Fortitudo, proprio per tentarne il salvataggio. «Non vedo la logica di quest’ultima sentenza — ha detto ieri il suo avvocato Gabriele Bordoni — perché se Sacrati era stato condannato per aver spolpato Ripresa in modo da avvantaggiare la Fortitudo, com’è possibile che adesso avrebbe determinato dolosamente il fallimento della Fortitudo? Senza dimenticare — ha aggiunto il legale — che Sacrati non ha intascato nulla di tutto ciò. Quindi non solo faremo appello in questo caso, come abbiamo già fatto per Ripresa, ma spero che i due procedimenti possano essere riuniti davanti alla stessa Corte». «Nelle motivazioni della prima condanna — conclude l’avvocato — i giudici contestano che fondi di Ripresa siano stati sperperati nella folle idea di tenere in piedi la Fortitudo».
E infatti, il collegio presieduto dal giudice Stefano Scati, a maggio scriveva nella motivazioni che la Fortitudo «era un pozzo senza fondo», che Sacrati continuò a finanziare prendendo i milioni dalla società capofila, la Ripresa srl appunto. Milioni che finirono in parte alla Fortitudo e in parte nel progetto del Parco delle Stelle, in cui il patron aveva investito tutto, poi naufragato nel 2010 dopo le dimissioni del sindaco Flavio Del Bono. Sacrati si è sempre difeso, anche in aula: «Non mi sono arricchito, ho investito e ho perso tutto quello che avevo. Forse ho sbagliato ma non sono un disonesto». I giudici però hanno sposato in toto la tesi dell’accusa, che aveva chiesto quattro anni.