Corriere di Bologna

Gli occupano la casa e deve dormire in garage oggi il caso in Comune

Palazzo d’Accursio: «In attesa dell’ok allo sgombero». Il caso in Consiglio

- Marina Amaduzzi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

È costretto a dormire in un garage perché il suo appartamen­to, affidato nel 2008 per l’affitto al Comune di Bologna, che lo utilizzò per l’accoglienz­a dei migranti, è occupato. È un caso che ha fatto il giro dei social quello di Juri Malini, operaio di 41 anni, e di cui oggi si parlerà in consiglio comunale. A Palazzo d’Accursio dicono di essere in attesa dello sgombero.

È costretto a dormire in un garage perché il suo appartamen­to, affidato nel 2008 per l’affitto al Comune di Bologna, che lo utilizzò per l’accoglienz­a dei migranti, è occupato. È un caso che ha fatto il giro dei social quello di Juri Malini, operaio di 41 anni, e di cui oggi si parlerà in consiglio comunale. Il leghista Umberto Bosco ha infatti chiesto al question time chiariment­i che gli saranno resi attraverso una relazione preparata dall’assessore al welfare Giuliano Barigazzi.

A Palazzo d’Accursio hanno cercato di ricostruir­e con non poche difficoltà una vicenda nata dieci anni fa e per il cui esito si affidano ai tempi della giustizia. La denuncia dell’occupazion­e è stata fatta, quindi a questo punto attendono la decisione della Procura per lo sgombero. Tutto quello che doveva essere fatto, fanno sapere dal Comune, è stato fatto.

Oggi in aula comunque verrà ricostruit­a dettagliat­amente la vicenda, che risale appunto a un periodo in cui c’era una gestione diversa degli immigrati. Malini nel 2008 decise di lasciare la famiglia, a Riale di Zola Predosa, e accendere un mutuo per acquistare un appartamen­to tutto suo ad Anzola dell’Emilia. Poi per ragioni di lavoro andò all’estero. «Sono rientrato un anno fa — spiega l’operaio che ieri ha festeggiat­o un compleanno un po’ amaro — con l’intenzione di riprendere possesso della mia casa. In questi anni ci sono stati sempre dei problemi, a volte dovevo anticipare il pagamento delle bollette, ma comunque l’affitto arrivava». In mezzo c’era appunto il Comune che aveva affidato l’appartamen­to di Malini a una famiglia di romeni, quando appunto la Romania non era ancora parte dell’Unione europea. «Lo hanno ridotto in condizioni pietose — prosegue Malini —, tant’è vero che il preventivo per risistemar­lo supera i 36 mila euro. Era completame­nte ammobiliat­o. Ebbene mobili, elettrodom­estici , sanitari, legno a vista...se non è stato rovinato è stato rubato. Da quel che so questi assegnatar­i hanno pagato solo poche rate di affitto e da allora in poi, per anni, ha provveduto il Comune, comprese le spese condominia­li».

A luglio lo sfratto diventa esecutivo, e a Malini arriva la lettera di disdetta dell’affitto e l’appuntamen­to con il tecnico del Comune per la riconsegna delle chiavi. «Era il 12 luglio — ricorda —, ma il tecnico mi dice che non potevo entrare». Qualche settimana prima infatti un’altra famiglia, sempre romena, forse parente della precedente (il cognome è lo stesso) aveva forzato le inferriate, era entrata e aveva cambiato la serratura. «Se entravo a casa mentre loro non c’erano mi potevano denunciare — continua Malini —, ci rendiamo conto? Io sono il proprietar­io, sto pagando il mutuo e non posso tornare nella mia casa. Chi ha scassinato l’ingresso e occupato la mia casa ha più diritti di me. Ho telefonato ai carabinier­i, ho chiesto tante volte al Comune di aiutarmi, ma a distanza di tanti mesi sono ancora qui». La sua speranza ora è che arrivi l’agognato ordine di sgombero.

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