Bergamini, l’uomo che dipinse anche in clinica
Il pittore rivive
Ricoverato in clinica psichiatrica a Imola per quasi quarant’anni, dal 1948 al 1975, e dimesso a seguito di un progetto sperimentale che anticipava l’entrata in vigore della legge Basaglia, il romagnolo Annibale Luigi Bergamini ha sempre dipinto. Anche nel suo ultimo periodo in ospedale, quando per lui era stato allestito persino un atelier. Dal 1975 fu poi ospite di una comunità aperta, in cui continuò a dipingere senza sosta realizzando anche l’apparato pittorico degli altari e la decorazione dell’abside della locale chiesa. Sino alla sua scomparsa nel 1992, a 71 anni. Una rassegna delle sue opere è confluita in una mostra, «L’incanto e l’invisibile: un pittore visionario», che si apre oggi alle 17,30 Ravenna, a Palazzo Rasponi dalle Teste, dove rimarrà sino al 13 gennaio con ingresso libero. Il percorso si compone di oltre cinquanta opere pittoriche, oltre a schizzi e bozzetti da varie collezioni. Avvicinato da alcuni ad Antonio Ligabue, a cui sarà dedicato il nuovo film del regista bolognese Giorgio Diritti, Bergamini era nato a Mezzano di Ravenna nel 1921. Amico d’infanzia del pittore Giulio Ruffini, aveva frequentato l’Accademia di Belle Arti di Ravenna con una predilezione per la pittura sacra. In Romagna aveva avuto contatti con esponenti della lotta partigiana ma poi l’aggravarsi del suo precario stato di salute l’aveva portato in clinica psichiatrica. (p.d.d.)