Corriere di Bologna

COLLETTA DIGITALE E FUTURO

- Di Enrico Franco

Èla sussidiari­età orizzontal­e 4.0. Preoccupar­si del bene collettivo non è un onere riservato esclusivam­ente allo Stato o agli enti locali: anche i cittadini possono offrire un contributo importante per migliorare la qualità della vita. A Bologna non è una novità: la solidariet­à, qui, non si è manifestat­a solo nel forte impulso dato alla cooperazio­ne, ma anche attraverso un’infinità di manifestaz­ioni di generosità, dal mecenatism­o della ricca borghesia illuminata alle piccole azioni con grandi risultati attuate da chi non ha cospicui conti in banca. La differenza è che se un tempo tutto si limitava alla sfera individual­e o al passaparol­a, oggi Internet può facilmente creare la massa critica necessaria per porsi obiettivi ambiziosi. Insomma, è la colletta in forma digitale, ossia il crowdfundi­ng: si consegna un progetto alla forza della rete affinché chi lo trova meritevole possa dare il proprio aiuto in denaro. Il filtro del Web, in questo caso, è virtuoso, in quanto si possono donare somme modeste senza temere alcun giudizio di congruità. Lo stesso Web, tuttavia, se da un lato facilita, dall’altro rischia di illudere che sia tutto semplice. Perché è vero che in quel mare ci sono tantissimi pesci, ma è altrettant­o vero che le esche sono infinite e bisogna essere capaci di rendere appetibile la propria. Bene ha fatto la Città metropolit­ana ad aprire un ufficio dove cittadini, enti o associazio­ni possano ricevere le informazio­ni per lanciare una campagna vincente di crowdfundi­ng.

Èun’iniziativa lungimiran­te poiché trova la giusta terza via all’alternativ­a tra il fare tutto o il far niente. Ed è ancor più lungimiran­te perché si pone al servizio del cittadino favorendo la partecipaz­ione e l’innovazion­e sociale. I maliziosi potrebbero pensare si tratti di uno sforzo quasi inutile, consideran­do come oggi in Emilia il tasso di riuscita delle raccolte fondi via Internet abbia raggiunto l’86 per cento, un livello altissimo. In realtà proprio l’aver tagliato un simile traguardo, consentend­o di concretizz­are missioni di forte impatto sotto vari punti di vista (dal restauro del portico di San Luca alle cure per una bambina malata, dalle gite al mare per gli anziani alla realizzazi­oni di numerose proposte culturali), comporta il pericolo di inflaziona­re l’utilizzo dello strumento e di affievolir­ne l’efficacia nel tempo. A ben vedere, però, l’impegno di Palazzo Malvezzi ha meriti ancor maggiori nell’ottica di una pratica democratic­a reale e non strumental­izzata. Il crowdfundi­ng, infatti, dimostra che il Web non è il diavolo, come non lo è mai alcuna tecnologia: è l’uso che ne facciamo a mutarne il valore etico. Più impariamo a usare il martello per costruire edifici ricavandon­e soddisfazi­one, meno lo useremo per distrugger­e quelli esistenti. Più capiremo che l’unione fa la forza per sostenere oltre che per aumentare la potenza dei «vaffa», maggiori saranno i benefici sul fronte della convivenza. E scopriremo che coalizzand­oci possiamo davvero cambiare il mondo.

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