LODOVINI LE DONNE VISTE DA FO
L’attrice domani al Duse con «Tutta casa, letto e chiesa» scritto nel 1977 dal premio Nobel e da Franca Rame: «Due giganti, attuali e precursori»
Quando nel 1977 Franca Rame presentò per la prima volta Tutta casa, letto e chiesa alla palazzina Liberty di Milano occupata e semisepolta dalla neve, Valentina Lodovini non era ancora nata. L’attrice umbra, volto noto di cinema, televisione e teatro, arriva ora al Duse, solo domani alle 21, proprio con quel testo scritto da Franca Rame con Dario Fo (biglietti da 29 a 16,50 euro, biglietteria 051/231836). Per il ciclo «Duseracconti – Storie di donne» calcherà un palcoscenico che ha ospitato molte volte la coppia più impegnata politicamente del teatro italiano, luogo di rappresentazione privilegiato negli anni estremi dallo scrittore premio Nobel, che vi inscenò in prima assoluta gli ultimi tre spettacoli, usando il teatro pieno di pubblico come set dei dvd di Lu santo jullare Francesco; Ciulla, il grande malfattore e Storia proibita dell’America.
Valentina Lodovini, come mai ha scelto di interpretare Dario Fo e Franca Rame?
«L’occasione mi è stata offerta dal regista Sandro Mabellini e io ho aderito con entusiasmo: conoscevo il testo, mi sembrava impeccabile, perfetto, scritto da due geni, in un rapporto continuo di coinvolgimento del pubblico».
Cosa le sembrava interessante?
«Sono testi che permettono a me attrice una interazione con gli spettatori. Non nel senso che li chiamo sul palco a partecipare all’azione scenica, ma perché trattano temi ancora attuali, in modo sempre satirico, divertente».
In particolare si parla della condizione della donna...
«Che, rispetto a 40 anni fa, è mutata, sì, ma superficialmente, non in modo profondo. Il regista ha operato pochi cambiamenti: qualche taglio e, naturalmente, ha aggiornato le lire in euro».
Di cosa trattano i quattro episodi?
«Non mi piace anticipare il contenuto degli spettacoli: bisogna vederli. Posso dire che nel primo è in scena una casalinga, nel secondo una donna considerata contronatura perché non ha istinto materno, nel terzo la protagonista del racconto è un’operaia. Si conclude con un epilogo di formazione, con una bambina, chiamata Alice, che diventa prima ragazza e poi donna». Lo spettacolo è stato scritto in un’epoca in cui il femminismo stava emergendo impetuosamente. Oggi la situazione appare diversa…
«Fo e Rame, da artisti straordinari, hanno interpretato un preciso momento storicoculturale, quello degli anni Settanta. Ma un contesto sociale ci mette parecchio tempo a cambiare radicalmente».
Lei ha mai visto Dario Fo e Franca Rame dal vivo?
«No, purtroppo, ma ho letto le loro opere e ho recuperato quello che era possibile su dvd. Sono grandi artisti, e in quanto tali sono stati precursori».
Come tiene insieme teatro, cinema, televisione, partecipazione a videoclip?
«Affrontandoli uno per volta. Io mi sono formata in una scuola di teatro in Umbria e poi ho frequentato il Centro sperimentale di cinematografia. Il lavoro dell’attore, oggi, è passare da un mezzo all’altro, unendo metodo e talento».
Ma lei cosa preferisce?
«Io amo il mio lavoro, semplicemente, e interpreto le cose che amo, siano teatro, cinema o televisione».
Da poco è uscito un film in cui recita, Cosa fai a capodanno?. Ha in programma qualcos’altro?
«In febbraio sarà nelle sale in Dieci giorni senza mamma
di Alessandro Genovesi. Sono al fianco di Fabio De Luigi».
Come vede il futuro di teatro, cinema, televisione?
«Il momento è difficile. Ma credo che avranno ancora un domani, perché rappresentano l’identità del Paese. Se non ce la facessero a superare le crisi sarebbe un pessimo segnale».
Conosce Bologna?
«Poco. Vi ho girato La linea gialla, sulla strage del 2 agosto alla stazione, con la regia di Nene Grignaffini e Francesco Conversano. Ma ci sono stata troppo poco».