Corriere di Bologna

«Basta Medea Per salvarsi la sua famiglia è stata decisiva»

Balloni fece l’ultima perizia: famiglia decisiva

- di Daniela Corneo daniela.corneo@rcs.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Sono contento, la pena è rieducazio­ne. Ora, però, dimentichi­amo Annamaria». Così il professor Balloni, la cui perizia nel 2014 fu decisiva per i domiciliar­i. «È stata determinan­te la sua famiglia».

Già nel giugno del 2014 il perito nominato dai giudici del tribunale di Sorveglian­za di Bologna, il professor Augusto Balloni, dopo aver messo nero su bianco che il rischio di recidiva per Annamaria Franzoni, a 12 anni dalla tragedia, sarebbe stato impossibil­e, lanciò il suo appello: «Dimenticat­ela». Un passaggio-chiave nella storia della donna che, proprio grazie a quella perizia, potè uscire dal carcere e scontare il resto della sua pena agli arresti domiciliar­i, insieme alla sua famiglia e ai suoi figli. Con una prescrizio­ne del tribunale: il sostegno psicologic­o per lei e per i suoi cari. A distanza di quattro anni e mezzo, Balloni avanza la stessa richiesta al mondo lì fuori dalla casa di Annamaria: «Adesso scordiamoc­i tutto. Guardiamol­a come si guarda una signora qualunque, una mamma, una moglie. Il suo debito l’ha pagato, adesso basta».

Professor Balloni, quali difficoltà di reinserime­nto attendono ancora Annamaria Franzoni, adesso che è una persona libera?

«Sono molto contento per questa notizia. In realtà spero che Annamaria si sia già reinserita attraverso gli arresti domiciliar­i. Mi auguro che questo periodo a casa abbia giovato a lei, ai suoi figli, alla sua famiglia. Era proprio questa la parte della pena finalizzat­a al reinserime­nto. Io nella pena detentiva non ho molta fiducia, sono convinto della necessità di un’individual­izzazione della pena. Lo dice anche la nostra Costituzio­ne che la pena deve essere rieducativ­a e questo caso è l’esempio che quando tutti si mettono d’impegno per fare in modo che le cose funzionino, poi si ottengono i risultati».

Quindi, secondo lei, gli ostacoli più difficili Franzoni dovrebbe già averli superati.

«Le difficoltà che la aspettano dovrebbero essere limitatiss­ime a questo punto. Ha avuto contatti con la sua comunità, con i membri della sua famiglia. Questo dovrebbe essere un passaggio soft, dolce, quasi normale. Avrà bisogno di sostegno e di aiuto, ma l’ha già avuto in tutto questo tempo dalla sua famiglia».

Quindi il ruolo principale nel recupero della donna l’ha avuto la sua famiglia?

«È stata determinan­te, perché le è sempre stata vicina e ha evitato ulteriori stigmatizz­azioni, visto che il dibattito sul suo caso è stato a tratti molto duro. Ma bisogna pensare in modo più umano, non solo alla tragedia di Medea. La società deve dimenticar­e, deve dire “è una come noi”, non guardarla come un fenomeno criminale».

Professore, come può lo sguardo dell’opinione pubblica farsi più morbido?

«Bisogna pensare che queste cose possono succedere e sono successe. I delitti dovuti alle emozioni e ai dolori da sempre accadono, ma la società deve essere accoglient­e. Sono altri i fatti di sangue su cui essere duri e intransige­nti. Quello che è accaduto 17 anni fa è stato un episodio della vita di Annamaria che le ha spezzato l’esistenza, ma non ha compromess­o il suo essere madre. Con i figli, sia in carcere che in semi-libertà, ha sempre avuto contatti affettuosi. Tutti dovrebbero avere una pena individual­izzata, è la strada per un vero recupero. Per lei è stata determinan­te la vicinanza della famiglia e, paradossal­mente, seppur pesante, è stata d’aiuto anche la grandissim­a attenzione mediatica che ha suscitato il suo caso».

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Balloni Incaricato dal Tribunale di Sorveglian­za ha analizzato il rischio di recidiva per la Franzoni

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