Severgnini:«Giornali e musica. Porto la mia vita a teatro»
La firma del Corriere della Sera e direttore di «7» stasera in scena con «Diario sentimentale di un giornalista» tratto dal suo libro
Un Beppe Severgnini inedito. Stasera al LabOratorio San Filippo Neri (ore 20.30) il giornalista si cimenterà in quella che lui definisce «una messinscena musicale del mio ultimo libro Italiani si rimane».
«Diario sentimentale di un giornalista» è il titolo dello spettacolo: non propriamente un’opera teatrale e nemmeno la solita presentazione di un libro, quanto — dice Severgnini — «la trasposizione della mia autobiografia professionale di Italiani si rimane in autobiografia musicale».
Sul palco l’editorialista del Corriere della Sera e direttore di 7 sarà accompagnato alla consolle da Serena Del Fiore, giovane artista radiofonica: «Me l’ha segnalata Massimo Cotto, lei in scena farà la dj e seguirà musicalmente il mio racconto. Bologna è la nostra data zero».
Quasi una sperimentazione...
«Chiaramente c’è un lavoro dietro e non è il mio esordio a teatro.
Nel 2014 ho messo in scena due libri: Italia di domani e La vita è un viaggio. Ma quello era un vero spettacolo teatrale, facemmo 50 date e a Bologna riempimmo l’Arena del Sole. Questo è un genere nuovo e per me è una prima volta».
Cosa vedremo? «Racconterò del mio rapporto con Crema, la mia città, della provincia italiana, di Montanelli, delle mie esperienze al New York Times e all’Economist, del Corriere della Sera e di 7. Si parla di giornali e giornalismo, dei miei viaggi e delle tante città in cui il
” Il racconto e le canzoni Crema, Montanelli, i viaggi, l’Economist e il Ny Times. E brani di Dalla, Guccini, Battiato e Talking Heads
ho vissuto grazie al mio mestiere. È un racconto divertente, a tratti commovente di questi anni visti dagli occhi di un giornalista, ma contiene idee e spunti che possono servire anche a chi nella vita fa altro. E poi ci sarà la musica».
Che non sarà solo sottofondo...
«Sarà centrale. Contestualizzerò e spiegherò i brani proposti con i luoghi e i tempi del racconto. Ci saranno i Talking Heads, i The National, Bruce Springsteen, Milano di Lucio Dalla e Bandiera bianca di Franco Battiato che sono legate ai miei primi anni 80, poi Guccini... ».
All’inizio di Italiani si rimane racconti con ironia i tuoi inizi, quando capitava che non seguissi alla lettera i tuoi direttori. Oggi da direttore come reagiresti a un Severgnini di allora?
«Ne sarei felice. Le mie non erano “pierinate” fini a se stesse, ma mirate. Quando alla Provincia mi chiesero di parlare delle
elezioni politiche a Cremona scrissi di quelle di “Miss Leopardo” in una discoteca della zona. Il senso era: a certi onorevoli preferisco le miss, hanno meno pretese e sono più divertenti»
Oggi sarebbe quasi impossibile...
«Se un ragazzo ha talento e fantasia perché no?»
Ma il giornalismo è cambiato non credi?
«Sì e ne parlo in Italiani si rimane. Prima per raccontare dovevamo andare fuori, nel mondo, oggi con internet abbiamo l’illusione che il mondo venga in casa. Ciò significa che si può fare un giornale a costi bassissimi ma il risultato è che spesso questo giornale è peggiore perché diventa un prodotto standard. Attorno al giornalismo sta avvenendo una rivoluzione industriale, le copie crollano e le risorse a disposizione si riducono»
La sua Bologna?
«Tanti luoghi dove ho presentato libri. E un ricordo: nel 200102 su Raitre facevo un programma, “Luoghi Comuni - Un Viaggio in Italia”, e aprii la prima delle 12 puntate da Piazza Maggiore»