Sinisa, la salvezza si ottiene in attacco
Maggiore rendimento in zona offensiva, così il serbo ha cambiato il Bologna. Tutti i numeri e il confronto con Inzaghi
«Abbiamo pensato più a difendere che ad attaccare». Questa l’essenza dell’analisi di un insoddisfatto Sinisa Mihajlovic al termine del pareggio di Firenze e i dati in effetti confermano che domenica si è vista la versione in assoluto più difensiva del suo Bologna. I rossoblù hanno trascorso il 36% del tempo nel terzo di campo difensivo, il 44% a centrocampo ed il 21% in zona d’attacco: sono cifre pari soltanto a quelle dell’esordio vincente di San Siro contro l’Inter giunto a pochi giorni dall’avvicendamento in panchina.
Se è vero che nel passaggio da Inzaghi a Mihajlovic la formazione emiliana ha iniziato a segnare più reti e quindi a macinare punti in classifica, non si può certamente dire che il Bologna ora sia diventato spregiudicato ed iperoffensivo. L’incremento della permanenza media nel terzo offensivo è limitata infatti ad un 2%
(dal 25 al 27) che, nel’arco della partita, corrisponde appena ad un paio di minuti in più. Eppure adesso il Bologna va in gol, mette pressione agli avversari e si guadagna anche qualche calcio di rigore: cosa è cambiato? Intanto si può notare una maggiore continuità di rendimento sul piano offensivo visto che i dati più bassi della gestione Mihajlovic sono comunque migliori di un terzo delle gare della formazione di Inzaghi. Basti infatti pensare che la squadra emiliana nella prima parte dell’anno ha rinunciato ad attaccare non solo contro le grandi squadre ma anche ad esempio contro il Parma: il 17% di permanenza nel terzo offensivo di campo al Tardini è infatti il secondo peggior dato stagionale. Va poi evidenziata, proprio nell’ultima fase della gestione del tecnico piacentino, una clamorosa flessione visto che nelle quattro gare successive al sanguinoso ko di Empoli il Bologna ha trascorso in media appena il 19% del tempo in attacco.
Ovvero poco più di un quarto d’ora se trasportiamo tale parametro in minuti. Nel finale del girone d’andata si leggevano quindi tutti i sintomi di una crisi tecnica e di fiducia colpevolmente sottovalutata dalla dirigenza ritardando l’inevitabile esonero. Mihajlovic invece da subito ha chiesto ai suoi giocatori di provare anche ad attaccare fondando la sua proposta di calcio sulle solide basi della difesa a quattro. Il risultato? Abbastanza clamoroso se pensiamo ai 15 gol segnati in 11 gare contro i 16 realizzati nelle precedenti 21 con una media passata da 0,76 a 1,36. La lettura dei dati offensivi del nuovo Bologna suggerisce però anche un’altra riflessione: il tecnico serbo ha puntato tutto sulle gare che sapeva di dover vincere a tutti i costi. Non può essere infatti un caso che le percentuali migliori di presenza nel terzo offensivo di campo corrispondano proprio alle sfide interne con Cagliari (31%), Sassuolo (31%) e Chievo (33%) che hanno dato il via ad una striscia vincente ancora aperta. Mihajlovic sapeva che per inseguire la salvezza non poteva fallire queste occasioni, ha impostato gare più offensive ed ottenuto tre vittorie non casualmente propiziate da ben quattro calci di rigore. Attaccare per fare gol e vincere: semplice, logico ma anche tremendamente efficace.