Oltre il tabù del pallone
Una giovane stella nel film di D’Agostini
Magari non ce ne accorgiamo ma ogni giorno, ogni settimana, ogni mese il cinema italiano cerca di trovare formule di sostenibilità del prodotto. Di immaginare film che possano incontrare il pubblico a metà strada tra l’onnipresente commedia e il cinema d’autore più di nicchia.
Questo lavoro lo sta svolgendo egregiamente Matteo
Rovere, il quale — oltre ad essere il bravo regista di Veloce come il vento e Il primo re — è anche un produttore giovane e attento, che firma decine di pellicole capaci di prendere spunto da modelli diversi (basti pensare alla trilogia Smetto quando voglio, mix tra I soliti ignoti e Breaking Bad).
Con Il campione, diretto da Leonardo D’Agostini, si sfida un tabù, quello del calcio al cinema, uno sport considerato irrappresentabile perché saturato dalla comunicazione televisiva. Ovviamente non è la partita in sé ad essere al centro del racconto, stavolta, quanto il rapporto tra una giovane stella della Roma e il suo tutore scolastico, un uomo dal passato difficile alle spalle.
Magari la storia è prevedibile (provate a immaginare che cosa accadrà dopo le prime diffidenze tra due mondi così lontani e ci prenderete), però il tutto è realizzato con tale solidità e cura nei dettagli che il plauso nasce spontaneo. Sì, perché poi nel cinema — e in quello italiano in particolare — alla fine l’unica cosa che conta mentre stai guardando un film è se il mondo rappresentato sullo schermo è credibile oppure no, se in quell’universo ci si entra oppure no.
Il campione racconta personaggi assai verosimili, e molto del merito va ai due attori protagonisti: il bolognese Stefano Accorsi è ormai una certezza, mentre il romanaccio Andrea Carpenzano è la vera sorpresa, fuoriclasse nato come il personaggio che interpreta.