IMPARARE IL DAE DOPO L’ABC
In America uno studente può entrare in una scuola con un mitra e fare una strage. In un paese senza porto d’armi ma col porto DAE, potrebbe entrare in classe e salvare una vita.
Nel terzo millennio per uccidere una persona non serve sparargli, basta guardarla. Nella civiltà dei defibrillatori (DAE, defibrillatori automatici esterni) e degli smartphone per uccidere una persona che sta morendo di arresto basta guardarla senza fare niente, come accade adesso 9 volte su 10. I genitori che in questi giorni guardano avidamente le pagelle dei figli dovrebbero notare che tra le materie ne manca una: «Educazione alla Gentilezza e alla Rianimazione», in acronimo Eager, che tradotto vuol dire insaziabile passione per qualcosa, la vita. Cosa raccontano i soccorritori del 118 che arrivano sulla scena di un arresto cardiaco? Che la gente guarda (non assiste, gli assistenti almeno aiutano) terrorizzata senza fare niente. Nel 70% dei casi l’arresto cardiaco avviene in presenza di qualcuno: se i testimoni iniziassero la rianimazione le probabilità di salvezza aumenterebbero 3-4 volte. In Europa la rianimazione cardiopolmonare precoce viene applicata soltanto nel 15% dei casi e se salisse al 50-60% si potrebbero salvare circa 100.000 persone all’anno perché ogni minuto che passa sgocciola via il 10 % di una persona, dopo 3-4 minuti il meglio di lei se ne è andato e dopo 10 è perso tutto. Sono passati 60 anni dalla prima alfabetizzazione catodica del maestro Manzi col suo «Non è mai troppo tardi». Nel 2019 ci vuole il Professor Keating/Robin Williams che salta sul banco e insegna a scaricare l’attimo fuggente, per diventare il compagno di banco giusto, quel gran genio del mio amico che saprebbe cosa fare per ripartire con un ritmo fluente di vita nel cuore. Non è mai troppo presto per imparare il DAE, dopo l’ABC. La nuova alfabetizzazione passa per formidabili tecnologie, realtà virtuale, connessioni ultraveloci capaci di rendere eroe un ragazzino. Anche se eroe è una parola sbagliata: un paese moderno non ha bisogno di eroi ma di un sistema, un modo organizzato di pensare e agire che rende chiunque adatto alla circostanza, quell’attimo i cui si deve resuscitare un uomo con un apparecchio che costa come un cellulare ed è anche più facile da usare. Il sistema richiede che eccellenze sanitarie (in questa regione non mancano) dove si profondono ingenti risorse umane ed economiche per allungare d’un solo minuto o un giorno una vita, siano immerse nella cultura della rianimazione capace di ottenere il massimo (vite intere) col minimo investimento (i giovani) . Per toccare, non guardare.
Di questo sistema virtuoso fanno parte anche le associazioni dei pazienti , organi imprescindibili per colmare la distanza tra le stanze dei malati e quelle del potere. Domenica scorsa al circolo Arci di San Lazzaro, l’associazione Piccoli Grandi Cuori, onlus che riunisce i genitori dei cardiopatici, ha dedicato la sua festa annuale all’introduzione dell’obbligo dei defibrillatori nelle scuole.