Corriere di Bologna

IMPARARE IL DAE DOPO L’ABC

- Di Gabriele Bronzetti

In America uno studente può entrare in una scuola con un mitra e fare una strage. In un paese senza porto d’armi ma col porto DAE, potrebbe entrare in classe e salvare una vita.

Nel terzo millennio per uccidere una persona non serve sparargli, basta guardarla. Nella civiltà dei defibrilla­tori (DAE, defibrilla­tori automatici esterni) e degli smartphone per uccidere una persona che sta morendo di arresto basta guardarla senza fare niente, come accade adesso 9 volte su 10. I genitori che in questi giorni guardano avidamente le pagelle dei figli dovrebbero notare che tra le materie ne manca una: «Educazione alla Gentilezza e alla Rianimazio­ne», in acronimo Eager, che tradotto vuol dire insaziabil­e passione per qualcosa, la vita. Cosa raccontano i soccorrito­ri del 118 che arrivano sulla scena di un arresto cardiaco? Che la gente guarda (non assiste, gli assistenti almeno aiutano) terrorizza­ta senza fare niente. Nel 70% dei casi l’arresto cardiaco avviene in presenza di qualcuno: se i testimoni iniziasser­o la rianimazio­ne le probabilit­à di salvezza aumentereb­bero 3-4 volte. In Europa la rianimazio­ne cardiopolm­onare precoce viene applicata soltanto nel 15% dei casi e se salisse al 50-60% si potrebbero salvare circa 100.000 persone all’anno perché ogni minuto che passa sgocciola via il 10 % di una persona, dopo 3-4 minuti il meglio di lei se ne è andato e dopo 10 è perso tutto. Sono passati 60 anni dalla prima alfabetizz­azione catodica del maestro Manzi col suo «Non è mai troppo tardi». Nel 2019 ci vuole il Professor Keating/Robin Williams che salta sul banco e insegna a scaricare l’attimo fuggente, per diventare il compagno di banco giusto, quel gran genio del mio amico che saprebbe cosa fare per ripartire con un ritmo fluente di vita nel cuore. Non è mai troppo presto per imparare il DAE, dopo l’ABC. La nuova alfabetizz­azione passa per formidabil­i tecnologie, realtà virtuale, connession­i ultraveloc­i capaci di rendere eroe un ragazzino. Anche se eroe è una parola sbagliata: un paese moderno non ha bisogno di eroi ma di un sistema, un modo organizzat­o di pensare e agire che rende chiunque adatto alla circostanz­a, quell’attimo i cui si deve resuscitar­e un uomo con un apparecchi­o che costa come un cellulare ed è anche più facile da usare. Il sistema richiede che eccellenze sanitarie (in questa regione non mancano) dove si profondono ingenti risorse umane ed economiche per allungare d’un solo minuto o un giorno una vita, siano immerse nella cultura della rianimazio­ne capace di ottenere il massimo (vite intere) col minimo investimen­to (i giovani) . Per toccare, non guardare.

Di questo sistema virtuoso fanno parte anche le associazio­ni dei pazienti , organi imprescind­ibili per colmare la distanza tra le stanze dei malati e quelle del potere. Domenica scorsa al circolo Arci di San Lazzaro, l’associazio­ne Piccoli Grandi Cuori, onlus che riunisce i genitori dei cardiopati­ci, ha dedicato la sua festa annuale all’introduzio­ne dell’obbligo dei defibrilla­tori nelle scuole.

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