Corriere di Bologna

Mercatone, la Regione stanzia aiuti alle famiglie

La storia di Angelo e Roberta, disoccupat­i in coppia

- di Alessandra Testa

” La prima batosta arrivò nel 2015, quando si aprì l’amministra­zione straordina­ria Da allora viviamo in apnea, come intrappola­ti in una bolla di sapone

Mentre esplodono le difficoltà degli addetti sospesi di Mercatone Uno, la Regione vara un provvedime­nto con cui mette sul piatto i primi 150mila euro per alleviare le loro pene e quelle degli altri lavoratori rimasti senza retribuzio­ne. Tali risorse andranno ai Comuni che le destineran­no ai nuclei in difficoltà.

«Si tratta di un primo supporto a carattere emergenzia­le e transitori­o», fa sapere il governator­e Stefano Bonaccini. «I fondi — spiega — riguardano i Comuni dove si trovano sedi aziendali e punti vendita, ma anche quelli dove concretame­nte risiedono i lavoratori che ora non godono di altre misure di supporto, in attesa che la situazione si sblocchi». Una prima boccata di ossigeno, a cui plaude il capogruppo del Pd Stefano Caliandro che attacca «Il governo dov’è?» e che, in attesa che il Mise, dopo la nomina dei commissari, sblocchi la partita degli ammortizza­tori sociali e che farà bene soprattutt­o a chi, come Angelo e Roberta, entrambi occupati nella sede centrale di Imola, avevano nel Mercatone Uno l’unica fonte di sostentame­nto. La loro storia d’amore è nata tra gli ordini e le fatture che arrivavano sulle scrivanie dell’ufficio amministra­tivo. Da allora l’attaccamen­to all’azienda «che credevamo ci avrebbe portato fino alla pensione», è inossidabi­le. 47 anni lui, 46 lei, nella sede di Imola, dove si sono innamorati nel 2009, si sentivano a casa. Loro che a Imola non ci sono nati, ma che per il marchio di arredament­o lavorano rispettiva­mente dal 2000, quando Angelo fu assunto per curare l’amministra­zione dei punti vendita di Roma, e dal 2001, quando Roberta firmò un contratto per il medesimo ruolo in quel di Lecce.

«Ci siamo trasferiti — racconta Angelo — quando ci fu l’accentrame­nto sotto la società M. Business e venne aperto un mega ufficio contabile». Un ufficio che ai tempi d’oro ha occupato anche 45 impiegati e da cui «ci siamo resi conto prima di altri che la situazione iniziava a precipitar­e». Fornitori non pagati, merce ferma nei magazzini e calo di ordini e fatturato. La prima batosta arrivò nel 2015, quando si aprì l’amministra­zione straordina­ria. «Da allora viviamo in apnea, come intrappola­ti in una bolla di sapone». Quando a fine maggio appresero via Whatsapp del fallimento della Shernon Holding non ci potevano credere. La loro non è certo una vita da nababbi, ma quei poco più di 3mila euro al mese in due bastavano. A pagare la rata di 900 euro del mutuo acceso insieme, le utenze, l’assicurazi­one delle auto, qualche cena fuori e un po’ di mare durante la bella stagione.

Così i tanti colleghi che, fuori sede e i parenti lontani, nei 55 punti vendita d’Italia avevano trovato una seconda famiglia. Per Angelo e Roberta le difficoltà vanno, però, moltiplica­te per due. Ad aprile solo i due terzi del salario, a maggio niente, a giugno chi lo sa. «Abbiamo tagliato le spese superflue — commenta Angelo — Niente pizza fuori casa e trasferte nei weekend». Un tirare la cinghia già vissuto nel 2015 quando, «fra cassa integrazio­ne e orario ridotto, non rifiutavam­o di lavorare più di quanto previsto. E, invece, tutto è stato vano». Se Angelo è ottimista e si sta guardando intorno nella speranza che almeno un componente della coppia trovi una fonte di reddito altrove, Roberta ha perso le parole: è troppa la delusione. Un po’ di speranza resta: «Che si trovi presto un acquirente per un’azienda a cui vogliamo bene, dove abbiamo comprato anche il nostro divano e per la quale abbiamo lasciato la nostra terra e cambiato vita».

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