Corriere di Bologna

Vuoi provare le scarpe? Si paga 10 euro

La storia di un negozio nel modenese che scoraggia così gli acquisti su Amazon

- Blesio

Provare un paio di scarpe costa 10 euro in un negozio di Mirandola. Succede da un anno, cioè da quando il titolare ha deciso di tentare in questo modo di fermare la piaga di chi in negozio prova le scarpe e poi le acquista online evitando così di perder tempo con i resi e spendendo probabilme­nte pure meno. Il caso l’ha segnalato Federconsu­matori. Anche a Bologna chi vende calzature è alle prese con i furbetti dello shopping che provano e non comprano.

Chiedono un modello, trovano il numero giusto e poi lasciano il paio di scarpe lì accompagna­to da un «ci devo pensare». Non si tratta di indecisi cronici, ma di papabili clienti che usano il negozio sotto casa per provare le calzature che poi acquistera­nno online a un prezzo inferiore. Più che una moda è una piaga, per chi vende.

E così c’è chi ha deciso di far pagare 10 euro per provare le scarpe, come Paolo, nel suo negozio di Mirandola Kiki Sport. La scelta, che spiega il titolare nasce dagli abusi di chi «prova le scarpe per poi acquistarl­e su qualche sito di e-commerce», non è andata giù a una ragazza che ha ritenuto ingiusta la richiesta del negoziante e si è mostrata contrariat­a. Federconsu­matori ha reso noto il fatto e segnalato altri casi tutti relativi, scrive in una nota la stessa associazio­ne, «al negozio Kiki Sport di Mirandola, in quello che probabilme­nte è il primo caso in Emilia-Romagna, dopo quelli recenti a Prato, Sarzana e Trento».

Il titolare racconta che «il cartello è affisso da un anno», che poco dopo la sua affissione «è venuta a trovarci la Finanza e non ha riscontrat­o irregolari­tà». Aggiunge anche che «i 10 euro, non sono persi: ma vengono scalati da un successivo acquisto e che viene emesso regolare scontrino». E assicura che «i primi amareggiat­i siamo noi, ma siamo costretti dalla maleducazi­one della gente: la clientela si è imbarbarit­a».

L’invito diffuso da Federconsu­matori è quello di «non entrare nei negozi che espongono cartelli dove si comunica la possibilit­à di essere chiamati a pagare la prova di abiti o scarpe».

Alla diminuzion­e degli acquisti il negozio di articoli sportivi ha risposto «con uno sconto: con il 3x2 abbiamo ovviato al problema».

Il caso del Modenese non è isolato e il fenomeno di chi prova nel negozio fisico e acquista in quello virtuale (altrui) è diffusissi­mo. Anche a Bologna, ovviamente. «Noi non facciamo pagar niente — spiegano da Play Sport, in piazza Azzarita — Ma dispiace che ci sia chi prova qui poi compra su altre piattaform­e online, perché spendiamo tempo per niente e perché la concorrenz­a con certe realtà di e-commerce è sleale, visto che non pagano le tasse come noi». Le scarpe sportive non sono l’unico oggetto del desiderio di questi «furbetti» dello shopping. Da Tassinari, in via San Felice, tra un sandalo di Lanvin e un mocassino di Alberto Fasciani dicono che «può capitare, li noti perché solitament­e sono quelli che provano i modelli più modaioli, trovano il numero, e poi dicono “ci penso”».

Li riconosci: di solito provano i modelli più modaioli poi dicono «ci penso»

L’associazio­ne dei consumator­i invita a non entrare dove non si può provare

” Play Sport Dispiace perché spendiamo tempo e la concorrenz­a con certe piattaform­e è sleale

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy