Nobili valori per borghesi sapienti
Nella rossa Bologna, agli albori dell’Italia giallorossa, qualcuno si compra dei quarti di nobiltà. Comprarsi la Galleria Cavour è acquisire un titolo almeno post nobiliare, quello dei Sassoli de Bianchi, di alcuni dei suoi molti rami. Diciamo almeno un ottavo di nobiltà. Più che un affare immobiliare, è un valore che si conquista, una chiave per entrare nei salotti e nei board economici ben oltre le Due Torri. Da Parigi a New York, da Montenapoleone a Notting Hill, il lusso è potere, rapporti, eau de
couture e culture. Sete e cuoi, gioielli e orologi fanno lobby vera. Immagine internazionale e business collegato. La Galleria è cultura, spesso grande, di Bologna. La fiaba è segnata dalla vittoria di self made people italiani rispetto a fondi internazionali. Nella terrà più comunista d’Italia, all’insaputa di amministratori a cui molti fili, alti e bassi, sfuggono in continuazione, l’idea di tramandare uno stile batte la legge algida del profitto. Al costo di decine di milioni. Galleria Cavour cambia proprietari, dagli aristocratici Sassoli passa a borghesi sapienti che santificano un sogno di ascesa sociale e insieme un obbligo culturale. Come per Paola Pizzighini, la proprietaria dell’altro pezzo di Galleria, vedova di Ugo, l’ingegnere che nel 1949 per primo pensò di creare un salotto coperto nel cratere di una bomba. Proprietari vecchi e nuovi assicurano che molto si aggiornerà, nulla cambierà nel «passante» che collega quattro piazze: Cavour, Maggiore, Galvani, Minghetti. Lo stile Sassoli, conti senza eccessi, si continuerà a respirare. Vie del lusso bolognesi senza taglieri e taglierini. Non esclusive, racconto che può esistere, architettura moderna in cui una storia si aggiorna. Chi mira e chi è mirato, chi compra e chi sogna. Piazza delle differenze di classe, ma con commistioni e ironie. Il segreto della Galleria, nobile nella città rossa, è tutto lì. Ci sono cresciuti in affitto Lucio Dalla e Lorenzo Sassoli, neurologo diventato imprenditore, dalla Valsoia alle gallerie d’arte. Ha allevato, con la sua capacità di mescolanze, i grandi commercianti che hanno venduto vestiti e stili nel mondo. Poi il regno delle fantasie individuali ha ceduto il posto all’omologazione chic delle mono marche. Adesso comincia una nuova avventura.