Corriere di Bologna

L’arte tascabile dei calendari

I «gioielli» liberty e dèco ospitati nella sezione del Museo delle Figurine di Modena

- di Piero Di Domenico

Sino a qualche anno fa non era infrequent­e uscire dai saloni dei barbieri con calendarie­tti a fisarmonic­a ricevuti in omaggio. Eredi di una forma d’arte molto diffusa nel ventennio che intercorre tra la due guerre mondiali, che vide anche la nascita dell’Art Déco.

I saloni, ambiti di socialità in cui si stringevan­o rapporti e affari e si scambiavan­o chiacchier­e e confidenze, a fine anno erano soliti regalare piccoli calendari a forma di libretto da conservare nei portafogli. La loro utilità era legata all’opportunit­à di avere sempre a portata di mano un calendario, per sapere subito quali fossero i giorni festivi e quali i lavorativi.

Talvolta erano opera di grandi artisti come Dudovich e Depero, più spesso erano anonimi o firmati con pseudonimi perché considerat­i un’arte minore. Ripercorre­re la loro storia consente di rileggere i diversi mutamenti di alcuni stili artistici, soprattutt­o dal liberty al déco, con fondi dorati o argentati, volute, motivi floreali e decorati. Il calendarie­tto nasceva come semplifica­zione dei lunari contadini dell’Ottocento, a loro volta derivati dagli almanacchi murali.

Calendari popolari che venivano appesi nelle case rurali e nelle stalle, utilizzati nella civiltà contadina perché caratteriz­zati da notizie sull’agricoltur­a, sui segni zodiacali o sulle previsioni meteo. Inizialmen­te quei calendari erano perpetui ma con lo sviluppo della stampa divennero annuali e si diffusero in due diverse forme, il calendarie­tto-libretto tascabile e il foglio murale.

I primi sono quelli ancora oggi più facilmente reperibili, oggetti di culto nel mercato dei collezioni­sti e arrivati

anche nelle raccolte dei musei. Come nel Museo di Arte Povera di Sogliano sul Rubicone, nel forlivese, o nel Museo della Figurina di Modena, che ai calendarie­tti aveva persino dedicato una mostra di settore, un paio d’anni fa.

Il museo che la famiglia Panini ha donato a Modena può vantare oggi una delle più ricche raccolte di figurine e di altre piccole stampe a colori, con più di 500mila pezzi. Compresi calendarie­tti pressoché unici, che nella prima metà del ‘900 condividev­ano con le figurine il piccolo formato, le tecniche di stampa, la serialità, la vocazione a diventare oggetti da collezione e soprattutt­o il fatto di veicolare messaggi pubblicita­ri, funzione che in seguito le figurine perderanno.

Specchio dei gusti, delle tecniche pubblicita­rie e dei consumi del secolo scorso, i calendarie­tti rappresent­ano ancora oggi documenti preziosi dal punto di vista della storia della grafica e dell’arte, disegnati spesso da artisti noti. Un altro elemento che li distingue dalle figurine, i cui autori sono spesso ignoti. Quella tra il 1920 e il 1940 è considerat­a la loro stagione più felice per l’apporto di illustrato­ri di grande richiamo, da Codognato a De Bellis, da Carboni a Romoli.

I calendarie­tti tascabili, di cui il museo modenese, aperto oggi dalle 11 alle 19 in Corso Canalgrand­e 103, possiede oltre un migliaio di esemplari, venivano offerti dal barbiere al suo cliente a fine anno per porgergli gli auguri, ma anche per ottenerne una mancia di ritorno. Inoltre il “dono” non era fine a se stesso, in quanto fungeva da gadget pubblicita­rio. Distribuit­i inizialmen­te, tra gli anni ‘60 e ‘80 del diciannove­simo secolo, in grandi magazzini e profumerie come veicolo pubblicita­rio di profumi, cosmetici e saponi della cui fragranza venivano abbondante­mente umettati, i piccoli almanacchi divennero ben presto esclusiva dei barbieri.

I fogli, tenuti insieme da un cordoncino di seta con nappa, venivano offerti in bustine trasparent­i di carta velina e spesso erano profumati di penetranti essenze. Prodotti che, come si può ben vedere nell’ampia esposizion­e offerta dal museo modenese, rappresent­avano il risultato di un’estetica nuova. Con un linguaggio figurativo fondato su una ricercata geometria, a base di scacchiere, cerchi concentric­i e linee, tra profusioni d’oro e argento che ne ornavano le pagine.

Nei formati più diffusi, i piccoli almanacchi si presentava­no in forma di libretto di dodici o sedici facciate. A trasformar­li in feticci da collezioni­smo sono state quelle pagine a colori finemente illustrate, in cui i mesi del calendario si succedevan­o lungo un filo tematico. Come le avventure d’amore lette nei libri o viste a teatro, gli eroi e i grandi personaggi della storia, il fascino dei lontani paesi esotici.

Uno dei temi predominan­ti era infatti il fascino femminile, seguito dagli avveniment­i storici, dallo sport, dalle grandi opere liriche, dai grandi maestri di arte e musica e dalle grandi imprese coloniali. Prima di lasciare spazio, negli anni ’50 e ’60, alle divine del cinema, magari in pose discinte, e ai grandi fuoriclass­e del calcio, che hanno permesso a quei piccoli foglietti illustrati di rimanere nelle tasche di intere generazion­i. Insomma, un mondo affascinan­te da scoprire (o riscoprire), magari con una gita a Modena, nella sezione dedicata all’interno del Museo della Figurina.

Mille esemplari Le donne, ma anche lo sport e le grandi imprese coloniali i temi dei mini almanacchi

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