L’arte tascabile dei calendari
I «gioielli» liberty e dèco ospitati nella sezione del Museo delle Figurine di Modena
Sino a qualche anno fa non era infrequente uscire dai saloni dei barbieri con calendarietti a fisarmonica ricevuti in omaggio. Eredi di una forma d’arte molto diffusa nel ventennio che intercorre tra la due guerre mondiali, che vide anche la nascita dell’Art Déco.
I saloni, ambiti di socialità in cui si stringevano rapporti e affari e si scambiavano chiacchiere e confidenze, a fine anno erano soliti regalare piccoli calendari a forma di libretto da conservare nei portafogli. La loro utilità era legata all’opportunità di avere sempre a portata di mano un calendario, per sapere subito quali fossero i giorni festivi e quali i lavorativi.
Talvolta erano opera di grandi artisti come Dudovich e Depero, più spesso erano anonimi o firmati con pseudonimi perché considerati un’arte minore. Ripercorrere la loro storia consente di rileggere i diversi mutamenti di alcuni stili artistici, soprattutto dal liberty al déco, con fondi dorati o argentati, volute, motivi floreali e decorati. Il calendarietto nasceva come semplificazione dei lunari contadini dell’Ottocento, a loro volta derivati dagli almanacchi murali.
Calendari popolari che venivano appesi nelle case rurali e nelle stalle, utilizzati nella civiltà contadina perché caratterizzati da notizie sull’agricoltura, sui segni zodiacali o sulle previsioni meteo. Inizialmente quei calendari erano perpetui ma con lo sviluppo della stampa divennero annuali e si diffusero in due diverse forme, il calendarietto-libretto tascabile e il foglio murale.
I primi sono quelli ancora oggi più facilmente reperibili, oggetti di culto nel mercato dei collezionisti e arrivati
anche nelle raccolte dei musei. Come nel Museo di Arte Povera di Sogliano sul Rubicone, nel forlivese, o nel Museo della Figurina di Modena, che ai calendarietti aveva persino dedicato una mostra di settore, un paio d’anni fa.
Il museo che la famiglia Panini ha donato a Modena può vantare oggi una delle più ricche raccolte di figurine e di altre piccole stampe a colori, con più di 500mila pezzi. Compresi calendarietti pressoché unici, che nella prima metà del ‘900 condividevano con le figurine il piccolo formato, le tecniche di stampa, la serialità, la vocazione a diventare oggetti da collezione e soprattutto il fatto di veicolare messaggi pubblicitari, funzione che in seguito le figurine perderanno.
Specchio dei gusti, delle tecniche pubblicitarie e dei consumi del secolo scorso, i calendarietti rappresentano ancora oggi documenti preziosi dal punto di vista della storia della grafica e dell’arte, disegnati spesso da artisti noti. Un altro elemento che li distingue dalle figurine, i cui autori sono spesso ignoti. Quella tra il 1920 e il 1940 è considerata la loro stagione più felice per l’apporto di illustratori di grande richiamo, da Codognato a De Bellis, da Carboni a Romoli.
I calendarietti tascabili, di cui il museo modenese, aperto oggi dalle 11 alle 19 in Corso Canalgrande 103, possiede oltre un migliaio di esemplari, venivano offerti dal barbiere al suo cliente a fine anno per porgergli gli auguri, ma anche per ottenerne una mancia di ritorno. Inoltre il “dono” non era fine a se stesso, in quanto fungeva da gadget pubblicitario. Distribuiti inizialmente, tra gli anni ‘60 e ‘80 del diciannovesimo secolo, in grandi magazzini e profumerie come veicolo pubblicitario di profumi, cosmetici e saponi della cui fragranza venivano abbondantemente umettati, i piccoli almanacchi divennero ben presto esclusiva dei barbieri.
I fogli, tenuti insieme da un cordoncino di seta con nappa, venivano offerti in bustine trasparenti di carta velina e spesso erano profumati di penetranti essenze. Prodotti che, come si può ben vedere nell’ampia esposizione offerta dal museo modenese, rappresentavano il risultato di un’estetica nuova. Con un linguaggio figurativo fondato su una ricercata geometria, a base di scacchiere, cerchi concentrici e linee, tra profusioni d’oro e argento che ne ornavano le pagine.
Nei formati più diffusi, i piccoli almanacchi si presentavano in forma di libretto di dodici o sedici facciate. A trasformarli in feticci da collezionismo sono state quelle pagine a colori finemente illustrate, in cui i mesi del calendario si succedevano lungo un filo tematico. Come le avventure d’amore lette nei libri o viste a teatro, gli eroi e i grandi personaggi della storia, il fascino dei lontani paesi esotici.
Uno dei temi predominanti era infatti il fascino femminile, seguito dagli avvenimenti storici, dallo sport, dalle grandi opere liriche, dai grandi maestri di arte e musica e dalle grandi imprese coloniali. Prima di lasciare spazio, negli anni ’50 e ’60, alle divine del cinema, magari in pose discinte, e ai grandi fuoriclasse del calcio, che hanno permesso a quei piccoli foglietti illustrati di rimanere nelle tasche di intere generazioni. Insomma, un mondo affascinante da scoprire (o riscoprire), magari con una gita a Modena, nella sezione dedicata all’interno del Museo della Figurina.
Mille esemplari Le donne, ma anche lo sport e le grandi imprese coloniali i temi dei mini almanacchi